Fa specie che la stessa fonte che ha contribuito a rendere pubblico lo scandalo dei Panama Papers, il Tax Justice Network (TJN), riporti anche Berlino ai vertici nel Financial Secrecy Index rappresentandola come uno dei principali Corporate Tax Heaven planetari. Nel 2015 infatti la Germania si collocava in questa discutibile classifica all’8 posto mondiale (ultima edizione disponibile), davanti a Panama e Dubai ed appena dietro al Libano.
Le norme interne incompatibili con il rigore chiesto ai partner europei
Considerando che durante l’ultimo anno tutti i paradisi fiscali mediaticamente esposti, inclusa la Svizzera e la stessa Panama, hanno ceduto molto della propria segretezza, possiamo facilmente immaginare come Berlino possa solo essere cresciuta in questa imbarazzante classifica. Il punto è che esistono numerosi aspetti peculiari della giurisdizione tedesca che, secondo TJN, sono in fortissima dissonanza con quanto pubblicamente sostenuto dalla sua elité politica. Nel senso che esistono numerose agevolazioni, situazioni, addirittura norme interne che autorizzano Berlino a comportarsi fiscalmente in modo assolutamente incompatibile rispetto a quanto invece richiesto di rigore ai partners Europei. A partire forse dal limite all’uso del contante, che semplicemente non esiste oltre Gottardo, mentre è un must per tutti gli altri paesi dell’Unione. O che le banche non considerano la corruttela perpetrata all’estero come reato presupposto per il riciclaggio, quindi permettendo di re-inserire il denaro frutto di dette corruttele nel circuito bancario senza particolari problemi. O l’assenza di una polizia fiscale come la Guarda di Finanza italiana ad esempio. O la presenza di numerose aliquote di tassazione agevolate nei vari Laender, le stesse aliquote che hanno convinto la Deutsche Boerse a spostare la propria sede legale in una insignificante città di provincia, Eschborn, evidentemente per ridurre la tassazione nominale del 33% ad un livello molto inferiore. O la ciclica transumanza della sede di aziende sistemiche germaniche verso luoghi improbabili all’interno dei propri confini con lo scopo di pagare meno tasse grazie ad agevolazioni locali. O la carente trasparenza nei risultati dei processi fiscali interni. Se tutto questo non venisse documentato da uno splendido report di un soggetto assolutamente al di sopra di ogni sospetto come il TJN verrebbe da gridare alla bufala ma purtroppo o per fortuna è tutto pubblico, scritto nero su bianco.
Il ruolo dei servizi segreti tedeschi
Senza di dimenticare che quasi tutti gli scandali fiscali degli ultimi 10 anni, hanno avuto come parte in causa i servizi segreti tedeschi i quali non hanno avuto remore a ricettare dati fiscali rubati non solo dei propri cittadini, ma soprattutto di cittadini di paesi partner nell’Ue. Con lo scopo forse di utilizzarli a fini politici per sostenere l’Ue oggi molto traballante? Vedasi lo scandalo della lista Lagarde, epurata dei nomi dei politici greci che poi dovettero applicare le leggi lacrime e sangue imposte dalla Troika contro gli interessi della popolazione ellenica (inchiesta di Hotdoc)
Bisogna dunque andare oltre alla fattualità degli eventi. E’ necessario infatti comprendere perchè questo accada e perchè i media tacciano questa imbarazzante verità. Prima di tutto va ricordato come da sempre i servizi segreti tedeschi siano stati attivissimi a ricettare dati fiscali all’estero, fin dal periodo bellico e pre bellico incluso quello nazista. Non va poi dimenticato il fatto che da sempre l’avversario di Berlino è Londra, la quale ha costruito sulla finanza offshore uno dei pilastri del proprio potere e benessere, pilastro che Berlino ha sempre invidiato e combattuto. In tutto questo le prove ci portano a concludere che oggi l’accanimento tedesco a quello che è evasione, non solo entro i propri confini ma soprattutto negli altri paesi dell’Unione, sembri finalizzato al raggiungimento di propri obiettivi materiali piuttosto che ad un senso etico generale; anche perchè oggi la Germania stigmatizza costantemente difetti congeniti dei paesi Ue-periferici (evasione), esimendosi però dal combattere gli stessi difetti (elusione/evasione) all’interno dei propri confini. Non è un caso che Siemens sia ai vertici mondiali in termini di numero di scandali corruttivi scoperti dalle varie polizie mondiali, ma non in Germania. O che gli scandali fiscali e regolamentari di ad Deutsche Bank, ad esempio, siano innumerevoli. O che, secondo il ricercatore Gabriel Zucman (2013), i capitali non dichiarati in Svizzera erano soprattutto tedeschi.
L’impressione è che Berlino voglia non solo permettere a sè stessa una certa dose di licenza non concessa ai paesi partner, ma soprattutto che lo scopo finale sia quello di copiare in qualche modo le gesta britanniche mirate ad attirare capitali ed aziende entro i propri confini anche permettendo loro un minimo di “licenza” operativa, fatta di lassismo interni nei controlli fiscali e soprattutto di segretezza nei processi di audit interni in tema di elusione. Queste sono le fattualità fatte emergere dal Tjn nel proprio report del 2016, ultimo disponibile.
Sta di fatto che la sordina messa dai media a questo biasimevole doublespeak tedesco significa solo una cosa: da che mondo e mondo il dominus impera e i sudditi ubbidiscono. Anche in questo caso non si fa eccezione. Certo che diventa difficile accettare tale asimmetria soprattutto da parte di paesi che stanno vivendo sulla propria pelle gli effetti della deindustrializzazione come effetto di una politica comune Europea non necessariamente a vantaggio di tutti in misura eguale. Finchè dura, soprattutto nella traballante Europa Unita dove gli equilibri storicamente cambiano mediamente ogni 15-20 anni.