“Ero completamente scioccato quando ho visto cosa rimaneva della mia abitazione e della mia città. Ci è voluto tanto lavoro ma ora siamo finalmente a casa!”. Con le lacrime agli occhi Musa, 60 anni cristiano, racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre il primo giorno in cui è tornato a Qaraqosh. Costretto a fuggire assieme alla sua famiglia nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014, l’uomo è tra i 25.650 cristiani che hanno fatto ritorno nella cittadina simbolo della Cristianità in Iraq, oltre il 46% di quanti vi vivevano prima dell’arrivo dello Stato Islamico.
A quattro anni esatti dall’invasione da parte di Isis della Piana di Ninive, che costrinse oltre 125mila cristiani a fuggire, il piano di ricostruzione di ACS ha favorito il ritorno di ben 8.815 famiglie cristiane nella Piana, il 44,6% di quante ne erano presenti nel 2014. “È passato meno di un anno ormai da quando ci siamo impegnati in questo ambizioso Piano Marshall – spiega il direttore di ACS-Italia Alessandro Monteduro – La generosità dei nostri benefattori è stata straordinaria e ci ha permesso di ricostruire o restaurare 4.765 delle 13.555 abitazioni distrutte o danneggiate da Isis, ovvero il 35,2% degli edifici. Il sorprendente risultato finora raggiunto ci sprona ancor più ad andare avanti. Ci sono tante famiglie cristiane che vogliono tornare a Ninive e noi li aiuteremo affinché il Cristianesimo possa rimanere in Iraq!”.
Sono migliaia infatti le famiglie che attendono di tornare a casa e in occasione del tragico anniversario del 6 agosto, ACS-Italia lancia una nuova campagna di raccolta fondi. “Abbiamo ancora tanto lavoro da fare – spiega don Georges Jahola, uno dei membri del Comitato per la Ricostruzione di Ninive, istituito dalla Fondazione pontificia insieme alle Chiese caldea, siro-cattolica e siro-ortodossa per coordinare la ricostruzione – La prossima fase è molto impegnativa perché prevede la ricostruzione delle abitazioni interamente bruciate o distrutte”.
I cantieri sostenuti da ACS continuano infatti i lavori a pieno ritmo. Amjeed Tareq Hano è un giovane di 28 anni che aiuta il team di 70 ingegneri al lavoro nella sola Qaraqosh. Sulla sua scrivania un’alta pila di richieste. “Per poter ricevere un sostegno i proprietari devono contribuire personalmente alla ricostruzione o al restauro – spiega il giovane cristiano – Soltanto così possiamo contenere i costi ed aiutare altre famigli”. Amjeed sottolinea come il governo iracheno non abbia affatto sostenuto l’opera di ricostruzione. “Sconfiggiamo Isis armati di intonaco e mattoni e senza l’aiuto di ACS non saremmo mai potuti andare avanti!”. Dal 2014 al giugno 2018, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha donato circa 39,7 milioni di euro per progetti a sostegno dei cristiani iracheni.
Dopo la presa della Piana di Ninive, Amjeed ha vissuto con la sua famiglia ad Erbil, capoluogo del Kurdistan iracheno. Non ha mai rimpianto la decisione di non lasciare il proprio Paese. “Dobbiamo bollire l’acqua, perché contiene troppo cloro, l’elettricità è prodotta dai generatori e le strade sono piene di buche. L’Iraq è tutto fuorché sicuro, ma questa è la nostra casa e qui è il nostro futuro. E la nostra patria ha estremamente bisogno della presenza di noi cristiani”.
Comunicato stampa