In Italia, il rischio di un escalation dell’estremismo islamista, anche di tipo terroristico, non è rappresentato solo dalle note branche mediorientali di Hamas ed Hezbollah. Esse rappresentano solo la punta di un iceberg composto da una moltitudine di frammentazioni e sottogruppi.
Tra questi, un ruolo fondamentale è rappresentato dal Fronte Popolare per la liberazione della Palestina (FPLP) in concorso con il Fronte Democratico per la liberazione della Palestina (FDLP) veri mentore di realtà estremiste radicate nella nostra Penisola. Gli ispiratori delle manifestazioni antisemite, sebbene mascherate dietro un antisionismo di facciata, altri non sono che i protagonisti di efferate azioni contro obiettivi civili decorse sino alle soglie del nuovo millennio. Dagli anni ’70 alla fine degli anni ’80, costretti a rifugiarsi nel nostro Paese, grazie allo sconsiderato ricorso al “lodo Moro” che, nonostante le smentite, è quello che, ancor oggi, guida realmente la nostra politica estera verso il Medio Oriente.
Gli accordi di collaborazione con i terroristi arabo-palestinesi e di mutua assistenza stretti dalle Brigate Rosse quando giunsero all’apice della notorietà, vennero sanciti in nome della rivoluzione socialista di orientamento marxista-leninista, ideale che si ritrova, e non a caso, tra i deliri online delle formazione del partito dei CARC (comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo), del Nuovo partito comunista italiano ed in minima parte di Potere al popolo.
Il trait d’union tra queste realtà pseudopolitiche è quello che in realtà rimane l’ultimo baluardo di speranza anche per le rappresentanze parlamentari della sinistra. L’acuirsi della crisi mediorientale, infatti, ha fornito loro un salvagente inaspettato ed una tangibile energia nel fomentare la causa “palestinese” e la maggioranza degli immigrati, clandestini e no, in attesa della anelata cittadinanza che recherebbe ossigeno ad una frangia politica allo sbando. Tutto ciò senza considerare, irresponsabilmente, quanto questa deriva estremista comporti serie conseguenze al nostro Paese, con l’avanzare dell’islamismo ed il progressivo controllo di larghe fette di territori metropolitani, tra l’altro, in pieno contrasto con la laicità degli pseudorivoluzionari più volte evocata.
Come sempre a rimetterci sono i comuni cittadini e, nello specifico, la comunità ebraica alla quale si ripropone lo spettro degli anni più bui del secolo scorso.
D’altra parte negli ultimi tempi abbiamo assistito ad un’escalation esponenziale di manifestazioni, atti intimidatori e campagne di diffamazione contro Israele e le diaspore ebraiche disseminate a livello globale.
Tale fenomeno, a livello europeo, è da porre in relazione con l’assoluta inettitudine dei vari governi nell’arginare ogni forma di estremizzazione del pensiero con una legislazione adeguata all’evolversi delle varie situazioni.
Ponendo la questione con un approccio filo-psicologico, si potrebbe dedurre che i giovani europei stiano approcciando alla questione mediorientale sotto il profilo di un’identificazione in un simbolo, un credo, un’ideologia sebbene perversa. Tali tratti di pensiero altro non sono che i medesimi sintomi rilevati nei cosiddetti “martiri” (Shuada) o aspiranti tali, tanto cari nella storiografia dei gruppi terroristici islamisti. Giovani che per emulazione tendono ad identificarsi in una religione, in una causa, in un simbolo, siano essi attinenti alla propria condizione sociale (non omogenea) sia anche per un’esasperata tendenza all’autoreferenzialità.
Appare lampante ed ovvio che la gioventù europea non tenda certo ad imitare le gesta delle vittime sacrificali di ideologie distorte, anche in considerazione che ogni soggetto tendente ad identificarsi in un pensiero pseudorivoluzionario, ben si guarda dal mettere a rischio la propria incolumità o la propria agiatezza in un contesto completamente scevro da quello mediorientale, ma il solo apporto in termini di manifestazioni di piazza, anche estemporanee, rende coscienti le reti terroristiche di poter contare su un largo bacino di consenso anche in Occidente.
L’assioma vale se posto in relazione con i vecchi movimenti terroristici europei tra i quali le Brigate Rosse italiane che hanno sempre ottenuto, e mantenuto, un rilevante scenario di primo piano.
La sconfitta delle BR, si ebbe allorquando venne loro a mancare la “base” del consenso, ossia, quella configurata nella classe operaia e in quella che oggi definiremmo la “middle class”, il ceto medio, composta per lo più da impiegati privi di ruoli di funzionariato o dirigenza all’interno delle imprese.
Sono trascorsi decenni e, come sempre, la storia si ripete.
Ancora oggi ci si interroga sul netto calo del consenso operaio alla volontà rivoluzionaria delle BR.
Ebbene, una spiegazione legittima potrebbe essere quella di un’effettiva presa di coscienza del proletariato di poter ottenere l’anelata vittoria in un Paese di 54 milioni di abitanti (stima del 1975), la maggioranza dei quali completamente schierata per il mantenimento dello status democratico instauratosi nel dopoguerra. Oltre a ciò, da tenere presente, che le presunte sacre verità promulgate nelle “risoluzioni strategiche” dei “brigatari”, erano vergate con un linguaggio non certo alla portata di tutti ed i contenuti complessivi erano idonei ad ipotizzare un ritorno alla dittatura, anche se “del proletariato”, così condensando e semplificando i dettami delle formazioni terroristiche della sinistra extraparlamentare. A ciò si aggiungano le “Leggi speciali” che il Parlamento italiano promulgò con schiaccianti maggioranze di voto in un clima che definire di “assedio” é mero eufemismo.
Lo stesso potrebbe proporsi nel prossimo futuro, allorquando i giovani europei si troveranno immersi in una realtà, quella proposta dalla fratellanza musulmana e delle sue reti locali, in cui la libertà personale, di parola, di pensiero, subirebbero la reprimenda degli islamisti, fino ad allora mascherati da “poveri immigrati in cerca di lavoro e libertà”, giovandosi della tattica della Taqyyia, la dissimulazione, per la quale vengono appositamente istruiti nelle migliaia di moschee e luoghi di raduno appositamente creati per l’indottrinamento radicale.
In tale contesto si inseriscono ulteriori spunti di riflessione.
Infatti, da quanto assunto, è emerso che la base logistica principale del terrorismo islamista sia stata stabilita da tempo in Italia, mentre il Belgio funge da “base operativa”. A fronte alla situazione internazionale, i parametri operativi dei militanti dei gruppi jihadisti si sono aggiornati. In particolare, fruendo di tre diverse rotte di immigrazione clandestina (Marocco – Tunisia – Turchia), giungono in Italia dove ottengono documenti falsi e mezzi di trasporto per raggiungere Germania – Belgio – Olanda – Francia – UK e i Paesi scandinavi. I soggetti selezionati come “operativi”, raggiungono Molenbeek, da dove ottengono disposizioni per le loro future attività e le destinazioni finali da dove rimanere “nascosti e silenti” in attesa di nuovi ordini.
Inoltre, il FPLP ed il FDPL, si sono attivati per produrre una continua opera di disinformazione su Gaza soprattutto nelle università europee, con le conseguenze a cui assistiamo quasi quotidianamente. E proprio il FPLP, il fulcro delle attività di disinformazione tra immigrati, giovani indigeni ed alcuni soggetti già noti, appartenenti a generazioni operative negli anni ’80, si sono distinti nuovamente per il proprio attivismo contiguo ad ambienti dell’estrema sinistra e dei personaggi ormai al crepuscolo che caratterizzarono il periodo dei cosiddetti “Anni di piombo”.
Questo rapporto simbiotico è ben caratterizzato dalle manifestazioni di piazza, nei comunicati a doppia firma, dalla propalazione di informazioni manipolate provenienti dalla Striscia di Gaza a cura dell’ufficio stampa di Hamas per giungere alla compilazione di “liste di proscrizione” a carico di presunti agenti sionisti pubblicizzate in vari websites e profili social delle varie entità appartenenti a tale conglobazione assai eterogenea.
A riguardo dell’attività di contrasto alle attività terroristiche nel nostro Paese, vi è ben poco da dire.
Gli ultimi arresti effettuati dalle FF.PP. hanno riguardato essenzialmente terroristi da tastiera, pesci piccoli e ben poco accorti nel loro modus operandi. Questo a fronte della comparsa di ben altri rischi dei quali il DGSI francese ha palesato, sebbene involontariamente, le finalità e gli obiettivi nel documento diffuso pochi giorni or sono.
La strategia ripropone quella già rilevata nei primi anni del nuovo millennio, quando gruppi diversi ed eterogenei compivano attentati in contemporanea contro obiettivi in Europa, Italia esclusa, a norma del “Lodo Moro”, ad oggi tuttora in vigore, sebbene negato nella sua essenza, a fronte di valigette viaggianti che concorrono alla difesa passiva, nel vero senso della parola, del territorio. Ma ciò non comporta che tutti i gruppi islamisti siano tenuti al rispetto degli accordi sottobanco di “libero passaggio” stretti a suo tempo con l’Establishment nostrano, anche considerando il cambio generazionale.
Affermare che il nostro Paese sia scevro da rischi è fuori discussione. Con lo scontro in atto tra due dei tre massimi poteri dello Stato c’è ben poco da stare allegri.
Se negli anni ’80 le Brigate Rosse e i gruppi contigui vennero sconfitti da un fronte comune, anche in considerazione che la magistratura inquirente necessitava di protezione da parte di ogni singolo agente di PS, poiché sotto costante minaccia, ed agiva in simbiosi con le forze dell’ordine, oggi la realtà è ben diversa. E dobbiamo farne i conti quotidianamente.
Gli obiettivi attuali sono rappresentati dalle comunità ebraiche e le rappresentanze diplomatiche di Israele, nonché, i credenti nell’Ebraismo, gli attivisti sionisti ed i semplici sostenitori di Israele. A questi obiettivi vanno aggiunti quelli simbolici quali i monumenti, le località turistiche ed i luoghi di aggregazione, nonché la rete ferroviaria e gli aeroporti, ma ricordare ciò, è assai banale. nella mentalità islamista esiste una netta distinzione tra gli obiettivi pragmatici e quelli simbolici laddove i primi posso essere esemplificati con la strategia dello Stato Islamico (la conquista di territori o le azioni in territorio “nemico”) ben distinta da quella perseguita da Al Qaeda, composta dai progetti, alcuni fortunosamente mancati, dell’abbattimento di obiettivi simbolici (Twin Towers, Pentagono, Casa Bianca).
L’innalzamento del “travel advisory”, è parte del “sistema di prevenzione attiva” degli USA, laddove gli stessi non abbiano elementi certi relativi al rischio effettivo del compimento di atti di terrorismo. L’Italia, sebbene possa contare su una forza non indifferente tra FF.PP., Forze Armate ed Intelligence, ha da tempo abbandonato il concetto di prevenzione attiva, ovvero, la repressione di un fenomeno eversivo al suo nascere, ed ancora più il ricorso al fronte comune tra Forze di Polizia e magistratura, essendosi quest’ultima completamente distaccata dalla triste realtà quotidiana che i cittadini sono costretti ad affrontare quotidianamente loro malgrado.
Inoltre, nella nostra realtà attuale, gli eccessi di buonismo, di accoglienza indiscriminata ed un esasperazione dell’errata interpretazione dello Stato di diritto (mai del Dovere…), ha di fatto reso impraticabili i concetti di guerra non-ortodossa, ossia quella sotterranea, ovvero, il fattore “X” temutissimo da ogni branca terroristica o criminale. Un errore che pagheremo in futuro.
A tale proposito, si sente spesso nei talk show e sui social network del concetto di “legittima difesa” (art.52 Codice Penale), ovvero, la difesa posta in essere da qualsiasi cittadino di fronte ad una minaccia concreta contro la propria persona, con “l’uso legittimo delle armi” (art.53 C.P.), dove questo prevede “la non punibilità del pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona”. Ma questo, ovviamente, in Italia, sebbene corpo del Codice in vigore, non è proponibile grazie a chi ben sappiamo.