Pace Gaza – Israele: ma chi spegnerà l’odio antiebraico?
Lo avevamo scritto dieci giorni fa qui su Ofcs che la pace era a portata di mano in Medio Oriente. La svolta è avvenuta, le parti in conflitto, con la mediazione di tanti paesi e la supervisione dei negoziatori americani, hanno accettato il piano Trump, almeno per la prima fase e la gioia è esplosa in Israele e a Gaza, perché della guerra la gente non ne può più. Due anni che hanno logorato il cuore e le menti degli israeliani e dei gazawi sottoposti alle angherie e ai soprusi di Hamas, inevitabili vittime della caccia ai terroristi che di loro si sono fatti scudo umano, arrivando ad affamarli oltre che vessarli per raggiungere i loro biechi scopi di renderli agnelli sacrificali in nome dell’odio per Israele e per la sua gente.
Un odio che sono riusciti, con tecniche di propaganda subdole e vincenti, a trasferire nella moltitudine di quelle piazze occidentali che si sono riversate in questi mesi nelle strade inneggiando non alla pace, come qualcuno ha voluto cinicamente far credere, ma all’odio e al disprezzo per lo Stato ebraico.
Ora siamo con il fiato sospeso nell’attesa che passino queste 72 ore, quelle che presumibilmente mancano al rilascio dei rapiti israeliani, il vero e unico motivo del conflitto iniziato all’indomani della strage nazista islamista del 7 ottobre.
Fidarsi della parola araba è estremamente difficile vista la natura bugiarda di quel mondo levantino che da sempre si cela e si culla dietro a parole date e smentite, a fake news e bizantinismi che sono insiti in un brodo di cultura che si perpetua dalla notte dei tempi. Ecco perché, fino a che non vedremo i rapiti israeliani tornare a casa ed essere restituiti all’abbraccio delle loro famiglie, non potremo gioire completamente.
Lo shabat che si avvicina sarà di trepidazione all’idea che il prossimo, in quelle tavole della festa settimanale ebraica imbandite in questi mesi ogni venerdì con i volti degli ostaggi, potranno sedere loro, in carne ed ossa e non solo i cartelli con i loro visi.
A proposito di bugie, distorsioni dei fatti e della realtà, delle ossessioni collettive compulsive, viene da chiedersi come si ricicleranno, allo scoppio della pace, gli odiatori seriali di Israele.
Una pletora di personaggi drammatici che hanno imperversato in questi due lunghi anni nei talk show, sui media e nelle aule parlamentari trovando l’unica ragion d’essere e di esistere nel linciaggio quotidiano di Bibi Netanyahu e del suo paese.
Gravi le colpe dell’odio antiebraico deflagrato con la connivenza dei tanti personaggi che hanno recitato a soggetto. Sarebbe lunga la lista dei nomi da fare e la risparmiamo, ma dalla Albanese in poi potremmo citare segretari di partiti e movimenti, filosofi e “pensatori”, professori universitari e sindacalisti, attori e cantanti.
Un esercito di rancorosi e livorosi che vedono nello Stato ebraico la causa dei mali del mondo, come Hitler scriveva degli ebrei nel suo famigerato Mein Keimpf, ancora oggi best seller letterario nelle capitali arabe e unico libro ritrovato nelle case di Gaza assieme al Corano e ai piani di battaglia per invadere e tentare di distruggere Israele.
Chi ha voluto far passare per “genocidio” del popolo palestinese la guerra al terrorismo di Israele e la ricerca di liberare gli ostaggi lo ha fatto cinicamente, con il proposito di lavare le coscienze occidentali dalle responsabilità della Shoah, il vero genocidio inflitto dalla Germania nazista con la complicità dei tanti fascismi in giro per l’Europa, Italia compresa, 80 anni fa.
Ora, alla soglia di una nuova era per il Medio Oriente, almeno questa è la speranza, tutti i soggetti coinvolti nella caccia al sionista e conseguentemente a fomentare odio contro gli ebrei potrebbero dover riciclare le proprie idee nei parlamenti e nei media, ma il danno ormai é compiuto e rieducare le generazioni invasate dal lavaggio del cervello della propaganda ProPal sarà un esercizio molto, molto difficile. Chi se ne farà carico?
