La persecuzione dei cristiani nel mondo non si ferma. La Cina è uno dei Paesi in cui si consuma il maggior numero arresti, detenzioni arbitrarie, torture in carcere e pressioni per abbandonare la fede. E durante la pandemia da covid-19, il governo di Pechino ne ha approfittato per aumentare le vessazioni contro i cristiani.
Nel 2019 sono stati rapiti 1.052 cristiani in 50 Paesi a rischio
In generale, ogni mese, nei 50 Paesi più a rischio, viene imprigionata ingiustamente una media di 309 cristiani e, secondo i calcoli di Open Doors, nel 2019 sono stati rapiti 1.052 cristiani.
Da tutto il mondo provengono frammenti di informazioni che, una volta riuniti, mostrano come – dalla Cina a Est, attraverso il Subcontinente indiano, fino al Medio Oriente, a tutta l’Africa e ad alcune parti del Sud America – migliaia di cristiani siano ingiustamente detenuti per la loro fede. Aiuto alla Chiesa che Soffre torna a esaminare il dramma della persecuzione anticristiana con uno studio intitolato “Libera i tuoi prigionieri. Un rapporto sui cristiani ingiustamente detenuti per la loro fede”.
Il rapporto sull’ingiusta detenzione dei cristiani esamina sia l’azione dei governi sia quella delle organizzazioni estremiste. Gli scenari descritti comprendono le prigionie per motivi di coscienza, le detenzioni arbitrarie, i processi ingiusti, le condizioni carcerarie inadeguate, i casi di tortura e la pressione per indurre ad abbandonare la fede.
La persecuzione dei cristiani in Cina
Tra i paesi dove il dramma dei cristiani è più sentito, spiccano Nigeria, Pakistan (emblematiche le storie di Asia Bibi e Maira Shahbaz) Eritrea, Iran e Cina. Proprio Pechino è una delle macchie più vergognose di questa persecuzione, nonostante le trattative segrete tra il Vaticano e il Partito comunista cinese che ha portato al rinnovo di un accordo per la nomina dei vescovi, scatenando le ire degli Stati Uniti di Trump. Ma i termini di questo accordo rimangono appunto segreti. Nel frattempo, però, la situazione dei cristiani in Cina è terribile. “I rapporti indicano che tra il novembre 2018 e il 31 ottobre 2019, Pechino ha imprigionato senza accusa 1.147 cristiani a causa della loro fede: il 30% dei fedeli ingiustamente detenuti in tutto il mondo – si legge nello report di Acs – L’aumento rispetto all’anno precedente è stato di 561 unità e si pone nel contesto di un marcato inasprimento del trattamento dei cristiani da parte del governo, con demolizioni di chiese, distruzione di croci e altri simboli religiosi nonché l’interferenza dello Stato in quasi ogni aspetto della vita della Chiesa, dalla nomina di vescovi alle iniziative caritative cristiane”.
Le torture subite dai detenuti cinesi
I prigionieri cinesi che vengono detenuti essenzialmente a causa della fede finiscono nel sistema carcerario dello Stato. “Ci sono segnalazioni di reclusi religiosi che hanno subito abusi durante la loro permanenza in carcere – spiega ancora il rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre – I familiari del pastore Zhang Shaojie hanno rivelato che il loro caro è stato sottoposto a torture compresa la privazione del cibo e del sonno. Altre testimonianze affermano che ad alcuni prigionieri vengono prelevati organi senza consenso, come a Peng Ming, attivista cristiano a favore della democrazia e dei diritti umani, il cui cervello e cuore sono stati espiantati senza il consenso della famiglia, dopo la sua morte avvenuta nella prigione di Xianning, nella provincia di Hubei, il 29 novembre 2016. I familiari sostengono che sia stato assassinato mentre era detenuto”.
La reclusione spesso deriva dai tentativi del governo di allineare i gruppi religiosi ai principi del partito comunista. “Anche se cinque comunità religiose sono ‘ufficialmente’ riconosciute dallo Stato – continua il rapporto – gli aderenti buddisti, taoisti, musulmani, cattolici e protestanti, devono praticare il loro culto sotto la supervisione di una delle ‘associazioni patriottiche’ stabilite dal Governo. Per i cattolici si tratta dell’Associazione patriottica cattolica cinese (CPA) e per i protestanti del Movimento patriottico delle Tre Autonomie. Molti frequentano il culto al di fuori di queste strutture ufficiali, in quelle che spesso vengono chiamate chiese ‘sotterranee’, e i ministri di queste comunità sono particolarmente a rischio di detenzione arbitraria. I detenuti appartenenti a questi gruppi non sono sempre destinati al sistema carcerario del Paese; un buon numero di essi viene posto agli arresti domiciliari o anche inviato ad altri centri residenziali, in particolare quando devono sottostare a una qualche forma di rieducazione”. Il Vescovo Taddeo Ma Daqin di Shanghai è stato confinato nel Seminario di Sheshan quasi per l’intero periodo dei suoi arresti domiciliari, iniziato nel 2012.
La persecuzione dei cristiani in Cina è aumentata durante la pandemia da covid-19
Nel report di Acs, poi, si rileva anche l’impatto del covid-19 sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo. E per quanto riguarda la Cina, “può essere considerata la principale protagonista per l’aumento della persecuzione dei cristiani durante la pandemia. La crisi ha fornito ai persecutori l’opportunità di colpire mentre tutte le attenzioni erano rivolte a fronteggiare l’emergenza del coronavirus. Descrivendo la politica del regime di Xi Jinping di rinnovata repressione dei gruppi ecclesiastici che rifiutano di cooperare con la ‘sinizzazione’, gli analisti hanno concluso che la situazione per i fedeli è improvvisamente peggiorata: ‘In un mondo distratto dalla pandemia, il governo cinese sta consolidando in modo aggressivo il dominio su decine di milioni di cristiani'”.