Fauna acquatica cambiata, fondo arato dalle carene delle navi e cime spezzate dal vento della Laguna. È il volto, pieno di cicatrici, del paesaggio della laguna di Venezia tracciato da Marta Canino, attivista del comitato No Grandi Navi, fresca di assoluzione del Tribunale di Venezia, assieme ad altri suoi 48 compagni del gruppo che si batte da anni contro il passaggio dei giganti del mare. La decisione del tribunale veneto è arrivata dopo un processo avviato a causa di una manifestazione acquatica tenutasi il 16 settembre 2012 e che ha coinvolto fra le 500 e le 600 persone. In esclusiva per Ofcs Report, la Canino dipinge un quadro dove i rischi per la salute dei cittadini, l’incolumità delle strutture e dell’ecosistema sono allarmanti.
L’edilizia lagunare va totalmente ripensata. È il nesso che percorre le parole dell’attivista che mette in fila una serie di problemi per il paesaggio della laguna. Il primo è una diretta conseguenza delle dimensioni di queste navi: le cime non reggono il vento. Spiega la Canino: «Le navi che transitano e attraccano al porto sono alte venti piani, quando i palazzi più alti arrivano a cinque». La forza del vento è riuscita in un paio di occasioni a strappare le cime. «Per fortuna questo non ha causato grossi danni» ma perché il motore delle navi è sempre acceso. Altra questione, questa, su cui l’attivista lancia l’allarme. «Il tasso di tumori al polmone è alto e il livello di inquinamento è vicino a quelli di Pechino».
Sul cambiamento dell’ecosistema poggia un’altra criticità evidenziata dal comitato e dal professor Luigi D’Alpaos, docente universitario: Venezia sta diventando un braccio di mare. E la composizione della fauna acquatica ne è un segno. «In laguna si trovano – puntualizza la Canino – orate e branzini», pesci che fino a qualche anno fa non appartenevano a questo bioma acquatico. Questo è dovuto, secondo D’Alpaos, alla scarsa attenzione dei progetti in laguna: prima della biologia viene l’idraulica e l’idrodinamica. E studi in questi settori non ne sono stati fatti.
Sul blocco delle partenze di questi giganti del mare il comitato mostra di avere le idee molto chiare. «Sappiamo benissimo che una volta in moto non esistono modi per fermare queste navi, quindi cerchiamo di non farle partire». E la strategia sembra aver effetto, anche a causa delle multe che le navi devono pagare per ogni minuto di ritardo che accumulano sulla partenza. Venezia è infatti uscita dalla “top three” dei porti mediterranei per numero di passeggeri. Nel 2015 gli imbarchi hanno toccato più di 1,5 milioni, ma il dato precedente ne registrava 200mila in più, 1,7 milioni.
Nonostante questo calo localizzato a Venezia, però, il settore crocieristico continua ad andare molto forte, anche se naviga in uno stato inerzia normativa in quanto il decreto Clini-Passera è stato esaminato e respinto dal Tar. Oggi sono 11 milioni gli utenti delle crociere e il settore continua a creare posti di lavoro soprattutto nel settore degli armatori. Con 9,5 miliardi di euro di ordini, l’Italia è il paese leader nella costruzione di questi giganti del mare.
Il comitato però non molla e continua la sua battaglia per mare. Chiede il cambio dei carburanti e che le navi escano dalla bocca di porto. Non sarà facile visto che la Clia, l’organizzazione internazionale delle compagnie di crociera, ha annunciato un investimento di 8 miliardi di dollari per la costruzione di nuove navi “green”, che andranno a gas naturale liquefatto. È la guerra del locale contro il globale. A fronte dei miliardi spesi dalle compagnie, la Canino risponde: «La laguna ha bisogno di tanti piccoli interventi». Allora la questione del Mose? «Una follia, per le cinghie e i cassoni che sono stati scelti probabilmente non riuscirebbe a contenere né vento né maree»