Le bugie hanno le gambe corte. Le statistiche dicono che Londra post Brexit cresce facendo deficit e, soprattutto, rinnegando l’austerità euro imposta. Anche il crollo dei prezzi degli immobili a Londra si è dimostrata una grande bugia, almeno considerando il valore degli appartamenti in valuta locale (la sterlina si è pesantemente svalutata).
Da qui la decisione britannica di non fare surplus di bilancio al 2020 ma anzi di fare deficit, anche abbassando le tasse fino a mettersi in pesante competizione con tutti i paesi Ue e dunque attraendo aziende dei propri vicini ossia sottraendole alla tassazione dei rispettivi paesi di origine. Aggiungiamoci il taglio dei tassi unilaterale ed abbiamo una ricetta britannica fortemente espansiva – diciamo pure inflazionistica – che sta sparigliando le carte europee, creando non pochi dubbi sull’utilità di restare nell’Ue e soprattutto nell’euro per i Paesi ostaggio dell’austerità.
Tutto ruota attorno alla sterlina che si svaluta unilateralmente: quello che faceva l’Italia prima di entrare nell’Ue.
In effetti quando Roma fu settima potenza mondiale, la lira ci aiutava a restare competitivi con opportune e regolari svalutazioni, fatto che dava tremendo fastidio ai nostri competitors, Germania in testa. Dopo la caduta del muro di Berlino si gettarono le basi della futura Ue di matrice franco-tedesca, quasi una contropartita per la riunificazione. Anche in quel caso la Francia supportò il progetto, ma non prima di un opportuno indebolimento – con tangentopoli – di un’Italia alla mercé degli umori delle amministrazioni Usa, normalmente con epiloghi negativi (post Jfk) se democratiche. Ecco spiegato il ridimensionamento industriale italiano di fine millennio con aziende strategiche dissolte e svendute ai partners Ue, (Montedison su tutte).
A riprova, sempre con un’amministrazione democratica a Washington, ci fu il ridimensionamento italiano del 2011, quando Berlusconi cercò di sottrarsi all’austerità che Germania e Francia dovevano imporre per salvare il loro sistema bancario (e quindi il sistema monetario mondiale o almeno così fu venduta ad Obama dalle interessate cancellerie franco-tedesche) ancora una volta attingendo alle ricchezze dei vicini – Italia su tutti – per garantire la loro sopravvivenza economica.
Resta il fatto che Londra slegata dai vincoli Ue cresce, eccome. Post Brexit esistono enormi dubbi sull’utilità di restare ingabbiati nell’euro e regole annesse, con la prospettiva di tasse altissime per 30 anni, crescita asfittica e progressiva deindustrializzazione. Fa riflettere se convenga uscirne aggregandoci, con un meccanismo di cambi flessibili stile Sme, ad altri paesi disposti ad accettare tale soluzione. Chiaramente Londra sarebbe il partner perfetto visto che non compete con l’Italia (gli Uk sono specializzati nei servizi mentre l’Italia è un paese manifatturiero). Parimenti Berlino non sarebbe d’accordo in quanto ciò permetterebbe ad un competitor ormai azzoppato dall’euro come l’Italia di tornare ad essere una minaccia per i propri esportatori.
I successi di Londra fuori dall’Ue impongono ai nostri politici di scegliere tra morire di austerità facendo il bene franco-tedesco o uscire dalla moneta unica aggregandoci in qualche forma al mondo anglosassone. È notizia di questi giorni che Londra sta offrendo accordi bilaterali riservati a singoli paesi Ue.