Da Torino a Bologna, passando per Napoli e Roma, le università sono in rivolta contro Israele. I luoghi dove si forma la futura classe dirigente di un Paese rischiano la deriva ideologica e squadrista. In alcuni atenei italiani, infatti, al momento si respira aria pesante, portata da chi vuole diffondere il pensiero unico su un tema come quello del conflitto in Medio Oriente. Da centri di cultura, alcuni atenei italiani rischiano di trasformarsi in ambienti autoritari e di prevaricazione dove valgono solo le ragioni di una parte, quella che accusa Israele di genocidio e dimentica quanto accaduto il 7 ottobre 2023. Quei luoghi dove Hamas, forse, non è visto come un gruppo terroristico ma bensì come la resistenza palestinese. Qui, probabilmente, non si considera l’ipotesi che proprio Hamas ha causato, e continua a farlo, l’attuale sofferenza proprio dei palestinesi. E questa idea, purtroppo, è presente anche in altri ambienti della società italiana. E ieri, alla Sapienza di Roma, è andata in scena l’ennesima stortuta di una tragedia collettiva che qualcuno non comprende o finge di non comprendere.
I collettivi studenteschi hanno organizzato un’assemblea pubblica con l’obiettivo di arrivare a replicare quanto accaduto nell’università di Torino, dove il Senato accademico, dopo l’irruzione di un gruppo di studenti, tra i quali ‘Cambiare rotta’ e ‘Progetto Palestina’, ha votato a favore dell’interruzione dei rapporti tra l’ateneo e i centri di ricerca israeliani. Il 26 marzo, in previsione della seduta del Senato accademico della Sapienza, probabilmente tenteranno lo stesso blitz di Torino. Per il momento, hanno invitato “la rettrice ad un incontro pubblico sulla complicità della Sapienza con il genocidio in atto in Palestina – fa sapere il coordinamento dei collettivi dell’ateneo romano – Ci mobilitiamo da mesi perché siamo stanchi di vedere che il nostro ateneo non muove un dito per interrompere la sua complicità con il genocidio in corso ma finora abbiamo ottenuto solo porte chiuse al dibattito, come al senato il 05/03 dove non ci hanno lasciato parlare. Pretendiamo ancora un confronto pubblico con chi prende le decisioni in nostro nome, invitiamo la rettrice e tutta la comunità di Sapienza a presentarsi martedì poco prima del prossimo senato accademico. Da Bologna a Torino stiamo vedendo come la mobilitazione sta portando a grandi risultati di boicottaggio accademico, la loro narrazione sta iniziando a crollare! Famolo anche a Roma, ci vediamo il 26!”. E poi hanno ribadito le rivendicazioni: “Presa di posizione pubblica del senato accademico sul genocidio in corso; blocco del bando MAECI di cooperazione scientifica tra Italia e Israele” e persino le “dimissioni della rettrice Antonella Polimeni dalla Med-Or, fondazione della Leonardo per lo “sviluppo” del Medio Oriente” e ovviamente “Stop agli accordi tra La Sapienza le Università israeliane e le aziende belliche”.
Un delirio che, come per Torino, è rimbalzato sui siti e nelle chat dei movimenti antagonisti, dagli anarchici ai centri sociali, chiamati a raccolta per supportare i collettivi studenteschi. Tutte realtà mosse da una visione unilaterale e ideologica del conflitto in Medio Oriente, connotata anche da antisemitismo e antisionismo.
Il clima nelle università non è dei migliori
Sempre ieri, il ministro dell’Università, Anna Maria Bernini, ha partecipato alla Conferenza dei rettori delle università italiane che al termine hanno diffuso una nota nella quale si sottolinea che “La Crui ribadisce che la violenza contraddice l’essenza stessa dell’università, sede naturale del pensiero critico, e rinnova la propria ferma condanna per qualunque atto teso a silenziare con la prevaricazione l’opinione altrui. In quest’ottica, la Crui, a seguito dell’incontro avvenuto oggi con il Ministro Anna Maria Bernini, conferma l’impegno ad adottare buone pratiche orientate alla preservazione del diritto di esprimere qualunque opinione all’interno degli spazi universitari, nel rispetto del confronto culturale, del vivere civile e dei valori fondanti della Costituzione della Repubblica”. Il riferimento è anche a episodi avvenuti nei giorni scorsi, durante i quali ad ospiti ebrei, come Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, all’università Federico II di Napoli e il giornalista David Parenzo contestato alla Sapienza di Roma, è stato impedito di parlare dalle future generazioni democratiche di questo paese.
Davanti a questo clima, che ricorda tragedie del passato, l’associazione Setteottobre ha fatto sapere di aver inviato “una lettera aperta al Presidente del Consiglio e al Ministro per l’Università e la Ricerca”, promossa appunto dall’associazione Setteottobre e firmata a oggi da oltre 130 universitari solo in un giorno, per “esprime un gravissimo allarme per gli episodi di antisemitismo che costellano, dal 7 ottobre in poi, la vita delle università italiane. Dopo la parola negata a due giornalisti ebrei, alla Sapienza di Roma e alla Federico II di Napoli, la decisione dell’Università di Torino di non partecipare al bando di collaborazione scientifica con gli atenei israeliani, a seguito dell’irruzione squadrista di un manipolo di studenti durante la seduta del Senato accademico, è l’ennesimo esempio di una deriva antisemita e antisraeliana che mina la libertà della vita accademica, la sicurezza di studenti e docenti di origine ebraica, il libero e corretto svolgimento delle attività scientifiche e di ricerca”.
“Proprio perché rispettiamo il valore dell’autonomia dell’Università – ha spiegato Stefano Parisi, presidente di Setteottobre – non possiamo pensare che diventi normale e accettabile assistere alla violazione di elementari diritti di espressione, mentre l’antisemitismo cerca goffamente di travestirsi da libere decisioni accademiche. La politica e le istituzioni, i rettori, i docenti devono opporsi con fermezza alla deriva autoritaria e antisemita delle Università italiane, nel rispetto dei principi democratici che devono valere per tutti e che invece oggi vediamo negati agli ebrei e a chi sostiene il diritto di Israele a difendersi”.