È fatta, tutti a casa! Proprio ieri sera l’ultimo dei nostri militari schierati ancora a Herat ha fatto rientro in Italia. A comunicarlo è lo stesso Lorenzo Guerini, ministro della Difesa italiana mentre stringe la mano al Gen. b. Beniamino Vergori, comandante del contingente italiano in Afghanistan, appena sbarcato all’aereoporto militare di Pisa.
“Con il rientro dell’ultimo militare italiano, avvenuto nel rispetto della sicurezza del nostro contingente, si è conclusa ufficialmente la missione italiana in Afghanistan – ha detto il Ministro – Voglio ricordare con gratitudine i 723 feriti e con profonda commozione le 53 vittime italiane che hanno perso la vita al servizio della Repubblica”. Poi Guerini ha specificato: “Non termina però l’impegno della comunità internazionale, Italia in primis, per l’Afghanistan che continuerà in altre forme, a partire dal rafforzamento della cooperazione allo sviluppo e al sostegno alle istituzioni repubblicane afghane”.
Queste dichiarazioni rivestono una grande importanza, anche perché quando gli Usa e la Nato il 14 aprile scorso annunciarono il ritiro di tutti i contingenti occidentali dall’Afghanistan, in molti nel paese asiatico hanno rivissuto nella propria immaginazione il burrascoso ritiro delle truppe dell’ex-Unione Sovietica negli anni ’90 del secolo scorso, con tutto ciò che questo aveva comportato. E nel popolo afghano, che ancora fatica a metabolizzare il perché della decisione alleata di lasciare il paese proprio adesso, ristagna il timore sempre più forte che al ritiro definitivo delle ultime truppe straniere scoppierà il caos.
Ad aver completato il ritiro delle proprie truppe dall’Afghanistan è anche la Germania, oltre la Gran Bretagna, mentre gli Stati Uniti molto probabilmente completeranno l’operazione entro il 4 luglio (in anticipo sulla data del 11 settembre precedentemente annunciata), giorno di festività nazionale per gli Usa.
Ma l’Italia e i paesi alleati non abbandoneranno a se stesso l’Afghanistan, piuttosto cambierà la tipologia della partnership e delle regole d’ingaggio. A questo ambiscono gli sforzi diplomatici del presidente Ashraf Ghani nei confronti della comunità internazionale, soprattutto all’indomani del recente viaggio a Washington del 25 giugno, a testimoniare con questo un nuovo inizio delle relazioni reciproche. In questa occasione la delegazione asiatica, composta anche dal capo dell’Alto Consiglio per la riconciliazione nazionale dell’Afghanistan (HCNR), Abdullah Abdullah, ha incontrato alla Casa Bianca il presidente Joe Biden, che ha loro rappresentato la nuova politica estera degli Stati Uniti, basata su un sostegno politico, economico e appoggio incondizionato alle forze di sicurezza e di difesa nazionali afghane (ANSDF).
Gli Stati Uniti stanzieranno per questo 3,3 miliardi di dollari in aiuti per la sicurezza dell’Afghanistan, anche perchè se l’esercito afghano si piegherà alla minaccia dei fondamentalisti Talebani e dei gruppi terroristici, ciò non rappresenterà solo un fallimento dell’Ansdf, ma anche una sconfitta per le Forze Alleate che hanno cercato per 20 lunghi anni di costruire nel paese un comparto di sicurezza legittimo e sostenibile, sufficientemente resiliente per affrontare le dure sfide del presente.
Inoltre, già il 14 giugno scorso a Bruxelles, nell’ultimo vertice della Nato, e che ha visto la partecipazione di 30 capi di Stato membri, si è sottolineato nuovamente il supporto al popolo afghano, alle sue istituzioni e alle sue forze armate, anche dopo il ritiro delle truppe occidentali, promuovendo al contempo i risultati faticosamente ottenuti negli ultimi 20 anni. Nella dichiarazione conclusiva del vertice due articoli (il 18 e il 19) sono appunto dedicati alla questione Afghanistan. I paesi della Nato proseguiranno dunque nelle attività di cooperazione e nell’addestramento e potenziamento delle Forze di Sicurezza afghane.
Tutti a casa quindi, ma quanto è costata all’Italia la missione ventennale in Afghanistan?
L’Osservatorio Mil€x sulle spese militari italiane ha redatto un report in cui ha stimato il costo dell’operazione per il nostro governo. Questa stima, aggiornata al 2020, si aggira intorno agli 8,4 miliardi di euro. Ma, considerato il ritiro ultimato di tutte le truppe appena avvenuto, il costo è destinato a crescere ed è probabile che si andranno a superare gli 8,5 miliardi di euro. L’anno in cui il governo ha pagato di più è il 2011, quando l’Italia ha segnato il suo personale record di truppe presenti in Afghanistan, ben 4.250 come si vedrà dal grafico relativo.
Ma non possiamo però dimenticare, oltre questi numeri ingenti, i successi italiani che ci vengono riconosciuti, soprattutto dalle popolazioni locali e che distinguono l’Italia dal resto della coalizione.
In questi 20 lunghi anni sono stati approntati e conclusi più di duemila progetti (fonte: Il Sole 24ore) per un valore complessivo di 58 milioni di euro, in vari ambiti tra cui: l’istruzione (27%), la salute (11%), le infrastrutture come strade, installazioni idriche (800 pozzi), sostegno alle forze di sicurezza afghane, agricoltura e allevamento.
Abbiamo realizzato e riedificato un centinaio di scuole, più di 40 ospedali, e almeno 30 edifici che hanno ospitato le caserme delle forze locali. Abbiamo poi evacuato, attraverso l’operazione Aquila, il personale civile di supporto, compresi gli ex-interpreti e le loro famiglie, i quali saranno inseriti nel programma di integrazione a cura del ministero dell’Interno.
E ora? Quale situazione lasciamo nel paese afghano?
Ad oggi le forze armate afghane si stanno da sole assumendo la responsabilità della lotta contro i Talebani, oltre che quella più insidiosa contro Al-Qaeda, Isis e le altre compagini terroristiche minori. E sebbene l’Ansdf sia decisamente progredita dal punto di vista operativo e abbia acquisito un discreto livello di capacità strategica, i suoi sistemi di gestione e le strutture logistiche e di supporto, rimangono però ancora deboli e complessivamente sottosviluppate.
I talebani sono sempre più intraprendenti e proseguono nella marcia per la conquista dei territori scontrandosi con le forze regolari.
Gli ultimi avvenimenti sono di seguito riportati (Fonte: Southfront.org):
– On June 27, Taliban reportedly captured Rustaq district in Takhar province.
– On June 27, Taliban reportedly captured Chak district in Wardak province.
– On June 27, Taliban reportedly captured the city center of Mughur district in Ghazni province.
– On June 28, local authorities have announced the recapture of the villages of Khof Dareh, Sang Atash, Khavaki, Khosdeh and Derbi Ahoo in Farkhar district of Takhar province.
– On June 28, Afghan army and popular mobilization forces recaptured the areas of Khajeh Souri, Piazak Mountain, Haji Ghafoor Mountain and the villages of Pakbar, Khaneghah, and Abkhaneh in the district of Chahar Kint in Balkh province.
– On June 29, Taliban claimed control over the districts of Waghaz and Giro in Ghazni province.
– On June 29, Taliban captured Khakriz district in Kandahar province235 Taliban militants were killed and 161 others were wounded as a result of Afghan Army operations in Nangarhar, laghman, Nuristan, Kunar, Ghazni, Kandahar, Zabul, Balkh, Faryab, Helmand, Baghlan, Badakhshan, Kunduz & Kapisa provinces during the last 24 hours, according to the Afghan MOD.
Sono passati vent’anni da quando le forze statunitensi e della Nato sono arrivate in Afghanistan, e ora si lasciano alle spalle un paese sull’orlo di una guerra civile totale.