Sono solo bambine, ma tra le bombe e gli scontri raccontano l’orrore della guerra. Una ad Aleppo, una in Cisgiordania. Hanno poi storie simili perché, così piccole, la loro unica arma sono le notizie che le circondano.
LA STORIA DI BANA.
Bana Alalbed ha sette anni e gli occhi scuri, che scrutano una Siria dove non si fermano le violenze. “Buon pomeriggio da Aleppo. Leggo per dimenticare la guerra” si vede aprendo il suo profilo Twitter @Alabedbana, mezzo che usa per comunicare con il mondo.
Good afternoon from #Aleppo I’m reading to forget the war. pic.twitter.com/Uwsdn0lNGm
— Bana Alabed (@AlabedBana) 26 settembre 2016
Diecimila civili sono in fuga da Aleppo est, dove i combattimenti continuano e dove le truppe governative di Assad strappano ogni giorno un territorio ai ribelli. Come riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani, nella martoriata città, simbolo della guerra civile siriana, uno dei pericoli possibili è che le persone che stanno scappando fniscano in mano all’Isis. “I civili che fuggono da Aleppo vanno messi sotto la protezione dell’Onu”: ha ribadito l’inviato delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura, aggiungendo che “chi è scappato dalle zone controllate dai ribelli per recarsi in quelle occidentali in mano al regime, potrebbe essere catturato o aver subito violenza”. Proprio lì in quei quartieri di Aleppo, la casa di Bana è stata ridotta in macerie, “sono morte anche le mie bambole” dice lei.
La mamma le ha insegnato l’inglese e trasforma i suoi pensieri in “agenzie” di 160 caratteri, in brevi reportage che raccontano da inviata speciale e di parte la distruzione di Aleppo, momenti di tenerezza con i fratelli o attimi di speranza di una vita normale da bambina che legge semplicemente Harry Potter.
This is my reading place where I wanted to start reading Harry Potter but it’s bombed. I will never forget. – Bana pic.twitter.com/6fXX2Me8ZB
— Bana Alabed (@AlabedBana) 29 novembre 2016
Proprio mentre si attendono segnali diplomatici tra Stati Uniti e Russia, in Siria si combatte anche a Palmira e Raqqua. I governativi provano a liberare Palmira dall’Isis per la seconda volta. Già sotto occupazione jihadista dal maggio 2015 allo scorso marzo, e in parte distrutta, la storica città, gioiello di architettura del Medio Oriente era stata, nei giorni scorsi, in parte riconquistata dai miliziani. Secondo le informazioni del Comitato locale dell’opposizione, i jihadisti sarebbero avanzati anche da nord-ovest, riconquistando un sobborgo e il castello di Palmira. Nel mosaico di questa guerra frammentata, continua anche l’offensiva delle forze curde e arabe per liberare Raqqa, eletta capitale dello Stato islamico in Siria. Gli Stati Uniti hanno inviato 200 militari in aiuto alle forze siriane locali per scacciare i miliziani dell’Is. E sono poche le persone rimaste a raccontare tutto questo, come invece fa Bana quotidianamente.
LA STORIA DI JANNA.
Altro luogo, altro conflitto aperto. Janna Jhiad ha la telecamera in mano a soli dieci anni, per documentare la situazione in Cisgiordania, i continui scontri tra palestinesi e esercito israeliano, in una guerra senza fine che logora quelle aree da sempre. Sogna di diventare giornalista e di trovare lavoro alla CNN, nel frattempo nel suo piccolo cambia il modo di raccontare la Palestina, dove ci sono pochissimi reporter a coprire gli eventi.
L’emittente araba Al Jazeera le ha dedicato un servizio sottolineando che la ragazzina ha cominciato a girare video quando ne aveva solo sette di anni. L’oggetto dei suoi servizi sono gli scontri che, da anni avvengono, dove è nata: a Nabi Saleh in Cisgiordania. Le proteste, che poi sfociano in incidenti spesso violenti, sono dirette contro quella che i palestinesi indicano come espropriazione di terra a favore del vicino insediamento israeliano di Halamish e la presa di possesso dai coloni di una fonte di acqua. Molti suoi amici sono morti, suo zio è stato ammazzato, ma lei continua atra Gerusalemme, Hebron e Nablus a usare la telecamera come fucile e a sparare la realtà ai suoi 222mila fan sulla pagina Facebook.
Due esempi di resistenza e di coraggio. Due reporter accomunate dal fatto di vivere le brutalità e gli orrori della guerra troppo presto, dalla piccola altezza di un bambino.