a cura di Veronica Di Benedetto Montaccini
Carcere a vita per i crimini commessi nella ex Jugoslavia. Questa è la sentenza storica del Tribunale penale internazionale dell’Aja che vede Ratko Mladic, il ‘boia di Srebrenica’, responsabile di genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità per aver orchestrato il massacro e la pulizia etnica dei musulmani durante la guerra in Bosnia. I giudici, presieduti da Alphons Orie, hanno ritenuto il comandante colpevole di 10 dei 11 capi di accusa.
“A Sarajevo Ratko Mladic volle portare avanti una campagna micidiale di bombardamenti e cecchini – ha letto il giudice nella sentenza – A Srebrenica volle perpetrare genocidio, persecuzione, sterminio, assassinio e atti disumani attraverso trasferimenti forzati”. L’ex generale non ha neanche sentito il verdetto. E’ stato infatti allontanato dall’aula dopo aver urlato contro i giudici, continuando a negare ogni responsabilità.
All’Aja erano presenti anche i sopravvissuti
Comprese le persone che sono state rinchiuse nei campi di concentramento, le donne violentate dai militari e le mamme che hanno perso i loro figli durante gli spietati anni di sterminio contro i musulmani bosniaci. I sopravvissuti hanno applaudito durante la lettura della sentenza e molti hanno definito l’episodio della guerra nei Balcani come “tra i più atroci del genere umano”
La sentenza è una vittoria della giustizia, anche se ci ha messo molti anni ad arrivare
La guerra scoppiò nel 1992, con il collasso della ex Jugoslavia e con la dichiarazione di indipendenza da parte degli Stati, tra i quali la Bosnia. Le forze serbe difesero inizialmente il territorio serbo-bosniaco, ma presto cominciarono ad commettere violenze in tutto il paese.
Come comandante delle forze armate serbo bosniache, Mladić era subordinato solamente all’autorità del presidente Karadžić. Il primo mandato nei suoi confronti è stato emesso dall’Aja il 25 luglio 1995. Un secondo mandato, riguardante in particolare il massacro di Srebrenica, è stato emesso nel novembre dello stesso anno.
Mladic è ritenuto anche l’artefice della distruzione di Sarajevo, la capitale bosniaca, in un assedio di quattro anni caratterizzato da bombardamenti continui.
Il 15 ottobre 2009 il caso di Mladić è stato scorporato da quello dell’ex leader dei serbo bosniaci Radovan Karadžić, dopo l’arresto di quest’ultimo e l’avvio del processo contro di lui all’Aja e conclusosi con la condanna, nel marzo del 2016, a 40 anni di reclusione.
Mladic fu arresto nel 2011 dopo una lunga latitanza
Accusato nel 1995 dal tribunale penale internazionale per i fatti accaduti nell’ex Jugoslavia, il processo non si era mai svolto a causa dell’assenza dell’imputato che si era reso irrintracciabile. Gli Stati Uniti offrirono una taglia di 5 milioni di dollari per la sua cattura. Alla fine l’ex generale venne arrestato in un villaggio poco distante da Belgrado. Pochi giorni dopo l’arresto Mladic venne estradato all’Aja.
Il processo vero e proprio è partito il 16 maggio del 2012 ed è durato 530 giorni, durante i quali hanno testimoniato 591 persone e sono state prodotte 11.000 prove documentali. Il procedimento si è concluso a dicembre 2016 e si chiude in primo grado con il verdetto del 22 novembre 2017.
Il boia di Srebrenica è responsabile di omicidio, sterminio, deportazione e persecuzione per motivi politici, razziali e religiosi; attacchi contro civili e organizzazione di una campagna di terrore contro la popolazione; l’assedio di Sarajevo e il massacro di Srebrenica, 10mila morti in totale. La guerra in Bosnia Erzegovina ha lasciato ferite visibili e invisibili. Quei luoghi che furono teatro del conflitto più sanguinoso della storia bellica moderna, con l’ergastolo di Ratko Mladić, possono forse cominciare a riprendersi la propria identità.