In Brasile l’attuale contesto sociale, politico e governativo rivela l’ulteriore tendenza a una drammatica diminuzione della sicurezza nel Paese. Secondo fonti autorevoli, corroborate da alcune analisi dell’intelligence colombiana, una nuova guerra tra i due più grandi gruppi criminali del Brasile sta contribuendo all’escalation della violenza in tutto il Paese. Un fenomeno che le autorità tentano di arginare ma con estrema difficoltà, vista anche la continua incertezza politica e economica del Paese che vive in un contesto di parziale paralisi negli enti governativi locali e nazionali che pagano gli effetti della recente crisi economica e del grave scandalo di corruzione che ha coinvolto funzionari come il presidente Temer.
La violenza è maggiormente presente nelle regioni meno popolate del Brasile, dove i gruppi di malavitosi combattono una guerra di bande per conto dei principali trafficanti. Mentre nei grandi centri urbani ci sono realtà criminali più grandi e organizzate che l’esercito tenta di arginare ricoprendo anche i compiti e le funzioni della polizia locale.
Le bande più potenti del Paese
Il Comando Vermelho ( Comando Rosso ) e il Primo Comando Capitale ( PCC ) restano a tutt’oggi le due bande più potenti del Paese. Lo scorso anno la fine della loro alleanza avrebbe contribuito ad un aumento degli omicidi proprio a San Paolo, dove operano le due bande, con l’ingresso prepotente anche di nuove realtà, come il Comando Revolucionário Brasileiro da Criminalidade – CRBC.
Tuttavia, il PCC resta la banda dominante, impegnata attualmente nella sua roccaforte di Rio de Janeiro. Qui, secondo fonti locali, la banda, seguendo una ben definita strategia, starebbe spodestando i gruppi rivali per ottenere il monopolio del commercio della droga nei comuni dello Stato di Rio. Questa iniziativa porterebbe a una nuova unione tra il PCC e tutti i gruppi criminali minori di Rio, il cui risultato per il momento ha portato solo ad un innalzamento esponenziale dei fenomeni di violenza.
A Rio, quartieri Rocinha sarebbero sotto assedio fin dallo scorso anno a seguito di un vera e propria guerra tra le bande locali minori in lotta per affermarsi nel controllo del traffico di droga locale. Un conflitto che, come preannunciato, verrà combattuto fino all’ultimo sangue.
Anche la sicurezza della “campagna” brasiliana non è stata esente da scontri tra il PCC e il Comando Rosso, soprattutto nelle regioni settentrionali e occidentali, quelle considerate tra le più rurali del Paese. Proprio nella parte settentrionale, una serie di sanguinose rivolte carcerarie avrebbero visto la morte di 100 detenuti in scontri legati alla rottura dell’alleanza di lunga durata dei due gruppi che proprio dalle carceri dirigerebbero le loro attività criminali.
Secondo fonti di intelligence colombiana, un documento ufficiale di analisi, avrebbe indicato che i disordini sono il risultato di conflitti su importanti rotte del narcotraffico che attraversano la regione amazzonica del Brasile. Qui sono presenti i famosi confini della ‘Triple frontera’ (quella zona di frontiera tra Brasile, Paraguay e Argentina, luogo di incursioni anche dei gruppi estremisti islamici ). Proprio lo scorso anno funzionari del Paraguay hanno denunciato battaglie tra il PCC e il Comando rosso in una serie di violenze nelle città di Ponto Porã e Pedro Juan Caballero che fungono da importanti centri di traffico di droga sul confine del Paraguay con il Brasile.
Alcuni esperti, inoltre, hanno previsto che l’arresto del principale sospettato di essere il numero uno dei trafficanti, compiuto lo scorso anno, potrebbe portare gruppi criminali che operano nelle regioni rurali a intraprendere lotte violente per riempire il nuovo vuoto di potere nel commercio di droga in Brasile. E se il PCC è impegnato nelle sue incursioni ai confini del Brasile, le fazioni rivali combattono per il controllo delle rotte logistiche interne allo Stato carioca.
Guerra tra bande è emergenza nazionale
Sta di fatto che l’escalation della violenza tra le varie bande nel Paese è stata definita dai vari governatori una vera e propria “emergenza nazionale”. Tuttavia, questa emergenza non è stata ancora affrontata in maniera da smantellare tutti i fattori e le complessità che fanno sì che il fenomeno persista. Sempre secondo autorevoli analisti colombiani, le politiche di controllo della criminalità in gran parte del Paese si sono generalmente concentrate su misure repressive che sono state associate a violazioni dei diritti umani, spesso riducendo la fiducia tra le comunità e mettendo a rischio le popolazioni vulnerabili.
A tutto ciò va aggiunto che la strategia di sicurezza adottata a Rio e denominata “pacificazione” non è stata esente da una sorta di fallimento, poiché lo sforzo è stato concentrato sull’utilizzo della polizia militare per stabilire una presenza statale nei quartieri sotto il controllo criminale, riuscita a calmierare la violenza solo per un breve periodo, ma fallendo nel tentativo di ristabilire “una calma a lunga scadenza”.
Tuttavia, anche se circa 10.000 militari sono stati dispiegati a Rio all’inizio di quest’anno in ausilio alla polizia, le politiche di sicurezza e di militarizzazione non si sono dimostrate all’altezza dei loro obiettivi, anche per la mancata volontà politica di cambiare le strategie messe in campo adeguandole alle reali esigenze.
E possibile che alla base di tutto vi sia una mancanza di consenso politico riguardo alle potenziali strategie alternative che si aggiunge a una situazione già complicata dalla crisi economica che ha ridotto le risorse disponibili per la sicurezza pubblica.