Un esercito “invisibile” di oltre centomila insegnanti disabili che ogni giorno siede dietro la cattedra e tiene lezione agli alunni di ogni ordine e grado della scuola italiana. Un numero ricavato da stime non ufficiali perché sui docenti disabili non esisterebbero dati e rilevazioni statistiche. Un buco nero nel sistema scolastico che, secondo un’inchiesta di Ofcs.Report, riguarda circa il 15% del totale del corpo docente italiano, che conta oltre 750mila unità. Tra questi, occorre precisare, sono inclusi gli insegnanti alle prese con ogni forma di disabilità, dal docente con malattie cardiache a quello affetto da sclerosi multipla, dal non vedente al professore malato di tumore o con problemi di deambulazione.
Eppure di disabilità nel mondo scolastico se ne parla spesso, ma a finire al centro del dibattito sono esclusivamente i tantissimi ragazzi che ogni giorno sfidano le barriere architettoniche e culturali che ancora esistono nei nostri istituti, spesso fatiscenti e non sempre in grado di garantire pienamente l’accessibilità a tutti.
Nell’anno scolastico 2015-2016 gli alunni con disabilità nella scuola primaria erano 88.281 (pari al 3% del totale degli alunni), nella scuola secondaria di I grado 67.690 (il 4% del totale). Tra questi l’8% non è autonomo in nessuna delle seguenti attività: spostarsi, mangiare o andare in bagno. Gli insegnanti di sostegno rilevati dal Miur sono più di 82mila, uno ogni due alunni con disabilità. Negli anni circa l’8% delle famiglie di questi alunni ha presentato un ricorso per ottenere l’aumento delle ore di sostegno.
Se spostiamo il discorso sulla disabilità dietro la cattedra e chiediamo informazioni agli enti preposti quello che ci troviamo di fronte è il buio più totale. Un esercito di insegnanti “invisibili” le cui storie Ofcs.Report sta raccogliendo in tutta Italia, ma che il ministero dell’Istruzione non avrebbe mai rilevato, così come l’Istat, l’Inps, i ministeri della Pubblica Amministrazione e del Lavoro. Tutti contattati da Ofcs.Report: nella migliore delle ipotesi hanno giocato a scarica barile, altre volte hanno sviato il tema spostando l’attenzione sugli alunni disabili, altre ancora hanno lasciato senza risposta le richieste ufficiali di dati e informazioni.
Un silenzio che lascia con l’amaro in bocca le tantissime storie raccolte, con docenti disabili che denunciano difficoltà nel poter esercitare l’attività, casi di mobbing da parte di dirigenti scolastici a cui magari un insegnante malato in organico crea problemi, se non incomprensibili imbarazzi. Con il risultato che in molti sono sul punto di mollare, come la maestra Rosa Maria Gagliano, 50 anni di cui venti di precariato sulle spalle, malata di sclerosi multipla, che ha fatto richiesta di mobilità lo scorso maggio per restare nella sua provincia, Palermo, allegando alla richiesta il verbale della legge 104 e l’invalidità 100%. Come risposta è stata trasferita a Bologna, a 1.200 chilometri da casa.
Oppure la storia di Stefania (nome di fantasia), maestra delle elementari di una scuola del sud Italia, malata di Sclerosi Multipla. Per lei il dirigente scolastico ha chiesto una visita in CMV (Collegio Medico di Verifica), giustificando la domanda perché “la maestra continua ad assentarsi dal lavoro perché affetta da malattia degenerativa”.
Non ultimo il caso denunciato dall’Anief-Cisal: un docente a tempo indeterminato in servizio in Lombardia, affetto da anni da una malattia invalidante, che si sarebbe visto improvvisamente negare dal Miur le somme per gli stipendi dello scorso anno scolastico con la motivazione che l’assenza non era giustificata da certificazione medica indicante la grave patologia. I certificati presentati dallo stesso insegnante sono stati considerati dall’amministrazione “generici senza una chiara indicazione della terapia salvavita”. Una stortura burocratica che il Tribunale di Milano ha prontamente corretto, riconoscendo al docente disabile il risarcimento ai giorni lavorativi decurtati. “Giustizia è fatta”, spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal. “Ora il Miur dovrà restituire l’intera retribuzione negata al suo dipendente, perché chi si sottopone a terapie salvavita non può vedersi privato della retribuzione”.
L’unico monitoraggio effettuato dal Miur riguarda le richieste di 104, ovvero i permessi per le persone disabili o per i loro familiari. Un monitoraggio scaturito a seguito di uno scandalo scoppiato a Menfi, in provincia di Agrigento nel 2014, dove nell’Istituto “Santi Bivona”, settanta insegnanti su centosettanta risultavano malati o beneficiari della legge 104. Solo per rendere l’idea, nelle imprese private le persone che ricorrono alla legge 104 sono circa l’1,5% sul totale dei lavoratori, mentre nella scuola questa percentuale cresce, complessivamente, sino al 13%.
I dati del dossier non sono comunque una fotografia esatta del problema, poichè dicono il totale delle richieste e non solo le 104 cosiddette “dirette”, ma è bene ricordarle perché restituiscono come al solito la geografia di un Paese spaccato a metà, con il sud sempre indietro. In base a questo monitoraggio il maggior numero di docenti con disabilità, o impegnato ad assistere un parente disabile, è di ruolo in una scuola della Sardegna, dove usufruisce della 104 addirittura il 18,27% degli insegnanti, vale a dire quasi uno su cinque. Seguono l’Umbria dove al percentuale è del 17,17%, la Sicilia con il 16,75% e il Lazio con il 16,36%. In Puglia la presenza dei beneficiari della 104 è del 15,95% e in Campania è del 15,77%. Tra le regioni in cui si registra una minor presenza di docenti con disabilità o con parenti disabili spicca, primo fra tutti, il Piemonte: dove la percentuale di beneficiari della 104/92 si abbassa all’8,96%. Restano sotto la soglia del 10% anche il Veneto con il 9,71% di permessi e la Toscana con il 9,84%.
“Al Miur non interessa rilevare quel dato – spiega una dirigente che vuole restare anonima – che comunque l’Inps non può non avere. Bisogna dire anche che nella scuola, più che in altri settori della Pubblica Amministrazione, i lavoratori disabili sono molto numerosi, forse per la tipologia di lavoro che svolgono, e rappresentano un costo notevole per lo Stato, viste le sostituzioni che bisogna prevedere e l’assistenza che si deve garantire“. Ecco perché, forse, risulta più conveniente non spendere soldi per censirli o anche solo per raccontare le tante storie di eccellenze nella scuola che hanno come protagonisti proprio gli insegnanti disabili.
@PiccininDaniele