Milioni di foto condivise, centinaia di chilometri percorsi in giro per le città, 10 miliardi di introiti ricavati da Nintendo, 21 milioni di utenti attivi ogni giorno, con la media di 33 minuti giornalieri per ogni utente, migliaia di post pro e contro Pokemon go. Che se ne parli bene o che se ne parli male, sul web e sui social network impazza la mania della caccia ai mostriciattoli giapponesi. Anche gli adulti sono fortemente attratti dall’App che consente l’interazione del gioco con la realtà. La “pokemon mania” nasce però da lontano e ha contagiato tutti coloro che da ragazzini seguivano sulle reti Mediaset la serie animata nata in Giappone dalla sapiente mano di Shudo, Tajiri e Sugimori, tre autentici mattatori in patria. Ora la trasformazione è digitale: tutti possono vedere i piccoli animaletti variopinti in giro per casa o per strada, attraverso il proprio smartphone, e la passione può diventare contagiosa, fino a spingere schiere di appassionati a ritrovarsi nei luoghi di raduno più importanti segnalati dalle mappe. “Ma come funziona?” “Una volta che ho scaricata l’App lancio l’i-Phone per prender il pokemon?” “E perchè io ho scaricato l’App ma non vedo pokemon in giro?”. Per strada non si parla d’altro. Tutti sono incuriositi e vogliono giocare a Pokemon go.
Su Facebook, invece, è scontro tra sostenitori e contestatori: ” Sono ben altre le cose che mi appassionano” scrive un sarcastico utente, mentre altri pubblicano disegni di Pikachu con un coltello. Non manca chi è soddisfatto di aver concluso la sessione estiva di esami per potersi dedicare alla caccia ai “mostri tascabili”. E addirittura, il cacciatore di Pokemon è diventata una professione sul web: alcuni siti stanno infatti pubblicando le inserzioni di “cacciatori seriali” che, dietro un pagamento di 15 euro all’ora, vagano per la città alla ricerca dell’animaletto più raro e potente.