“Temo che ancora una volta le vicende politiche di questi giorni abbiano preso in ostaggio il calendario parlamentare. La volontà di alcuni di porre termine prima possibile a questa legislatura potrebbe prevalere sull’esigenza di dotarsi di una legge di civiltà”. A dirlo è Ignazio Marino, sindaco di Roma dal 2013 al 2015, chirurgo e docente presso la Thomas Jefferson University e la Temple University negli Stati Uniti. Il professor Marino è da sempre in prima fila nelle battaglie etiche del nostro Paese. Dal 2008 al 2013 è stato Presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale e membro della Commissione Igiene e sanità del Senato della Repubblica. Già dall’estate 2006, prima della morte di Piergiorgio Welby (20 dicembre 2006) e di Eluana Englaro (9 febbraio 2009), Marino è stato protagonista dell’acceso dibattito su una legge sul Testamento Biologico, che a distanza di nove anni non è stata approvata dal Parlamento.
Dottor Marino, sul Testamento Biologico l’Italia aspetta da oltre 10 anni una legge, anche per mettersi alla pari con la stragrande maggioranza dei Paesi europei. Dopo due rinvii la commissione affari sociali ha finalmente inviato il Testo alla Camera e il 27 febbraio dovrebbe cominciare la discussione. Che idea si è fatto? Può essere la volta buona?
“Temo che ancora una volta le vicende politiche di questi giorni abbiano preso in ostaggio il calendario parlamentare e la volontà di alcuni di porre termine prima possibile a questa legislatura potrebbe prevalere sull’esigenza di dotarsi di una legge di civiltà, attesa da troppo tempo dai cittadini che chiedono solo di poter esercitare un proprio diritto. A causa dell’inerzia dei nostri Parlamentari, che talora dimenticano di essere dei rappresentanti dei cittadini e non di loro stessi, e spesso sono più disponibili a discutere in tema di diritti nei talk show televisivi piuttosto che votare le leggi, ogni giorno migliaia di persone affrontano la propria condizione di malattia senza poter esercitare la loro piena libertà di scelta rispetto alle cure. Io ritengo che ognuno debba poter scegliere. Chi vuole le cure che esistono oggi e quelle che esisteranno domani deve essere protetto in questa sua richiesta. Chi intende rinunciare o indicare che vorrà rinunciare a una terapia che ritiene sproporzionata deve poter avere la liberà di dire no”.
La proposta che a marzo dovrebbe arrivare nell’emiciclo di Montecitorio è la sintesi di ben 16 disegni di legge. Il nodo sembra essere, tra gli altri, quello dell’alimentazione e dell’idratazione ritenuti o meno come cure mediche. Qual è la verità da un punto di vista prettamente scientifico?
“Questa proposta di legge è frutto di un lavoro lungo che ha portato a unire pareri differenti per arrivare a un voto positivo da parte di un ampio numero di parlamentari. I punti salienti della legge prevedono che ogni persona in previsione di una futura incapacità di scelta delle cure possa esprimere il consenso o il rifiuto rispetto ai trattamenti sanitari, comprese le terapie per la nutrizione e l’idratazione artificiali, attraverso le dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT). Inoltre, ognuno potrà nominare un fiduciario che sia disponibile a parlare con i medici, e per il medico le DAT saranno vincolanti. Ovviamente tali disposizioni potranno essere modificate in ogni momento dal paziente e potranno essere disattese dal medico qualora vi siano evidenze scientifiche di progressi non immaginabili al momento della sottoscrizione. Nel complesso si tratta di una buona legge, con qualche mancanza, soprattutto perché non prevede come comportarsi in assenza di dichiarazioni anticipate. Senza il testamento biologico chi potrà prendere decisioni nel caso di un paziente senza speranza di guarigione, ma tenuto in vita artificialmente? E nel caso di un conflitto tra il medico e il fiduciario?”.
Un altro punto molto contestato della legge è il cosiddetto consenso informato e il ruolo dei dottori che, come sostengono ad esempio i medici cattolici, sarebbero costretti a diventare meri esecutori. Da professionista come crede possa essere bilanciata la libertà di scelta del paziente con l’alleanza terapeutica e il favor vitae che sono i fondamenti della nostra sanità?
“Credo che questa discussione sia davvero lontana dalla realtà di una corsia di ospedale. L’esperienza del fine vita è parte del quotidiano di operatori sanitari, pazienti, familiari ed è a volte nascosta da un velo d’ipocrisia, in cui ci si capisce attraverso i silenzi e in cui la volontà del paziente viene rispettata grazie alla sensibilità di chi ha a cuore la dignità dei malati e interpreta le terapie mediche non come risorse infinite, ma come strumento per curare la malattia e alleviare il dolore. Quando questo scopo viene meno è giusto valutare la possibilità di fermarsi, interrompere le terapie e accompagnare il paziente con antidolorifici che gli consentano di spegnersi senza sofferenze fisiche o psichiche”.
Intanto l’ex premier Renzi ha annunciato l’assemblea del Pd allontanando, così sembra, l’ombra delle elezioni. In realtà, alcuni sostengono che proprio il dibattito sul testamento biologico, con le divisioni interne all’eterogenea maggioranza che sostiene il governo Gentiloni, potrebbero favorire l’incidente parlamentare e la fine della legislatura. Ha il sentore che possano esserci questi “giochini” politici dietro ad un dibattito su un tema così delicato?
“Mi auguro che non sia così. Cercare l’incidente parlamentare su un tema così delicato sarebbe l’ennesima prova di scarsa serietà di una classe politica che fin dal 2009, dopo il gran clamore del caso Englaro, promise che sarebbe stata approvata una legge sul testamento biologico entro i successivi trenta giorni. Eluana è morta il 9 febbraio 2009: sono passati otto anni da quella promessa”.
Lei è stato ed è tutt’ora un uomo cattolico di sinistra. Per storia e tradizione i temi etici sono da sempre un suo cavallo di battaglia. Si spiega come mai con il governo Renzi su questo fronte, nonostante ci fossero tante aspettative, non si sono fatti passi in avanti? Avranno forse pesato le parole del Presidente della Cei, il cardinal Angelo Bagnasco, che si è detto “preoccupato” per una legge che sposterebbe troppo sull’autodeterminazione degli individui le scelte sul fine vita?
“Da sindaco di Roma ho approvato il registro per le unioni civili e consentito la trascrizione dei matrimoni omosessuali contratti da italiani all’estero. Ho considerato entrambe azioni di civiltà proprie di un’amministrazione rispettosa del credo e delle idee di tutti, ma impegnata a superare le discriminazioni che limitavano i diritti di alcuni cittadini italiani rispetto ad altri. Sono temi sui quali chi legifera e chi governa è chiamato a dare una risposta nel nome del ruolo che ricopre per conto dei cittadini. Credo per questo che, in uno Stato laico, una legge sul fine vita meriti una discussione seria e pacata, sicuramente rispettosa delle idee e dei valori di ognuno, ma attenta alla dignità e alle esigenze delle persone”.
@PiccininDaniele