Un “lupo solitario” che avrebbe ingannando anche i servizi segreti. Oppure una clamorosa svista degli 007 che hanno sottovalutato il profilo di un terrorista. Redouane Lakdim, il 26enne marocchino autore dell’attacco al supermercato di Trebes, in Francia, era seguito da vicino dalla Dgsi poiché sospettato di avere intrapreso un percorso di radicalizzazione. Risultava, infatti, molto attivo su alcune piattaforme di social network di ispirazione salafita ed era un assiduo frequentatore della locale moschea. Nel 2016 fu arrestato per piccoli reati comuni ma, secondo alcune fonti di polizia, la cui versione è da confermare, riferiscono di un recente viaggio in Siria del giovane, tra il 2015 e il 2016, e i numerosi commenti apparsi sulla piattaforma Telegram che descrivono Lakdim come un “coraggioso combattente”, se non come un “veterano” già impegnato sul fronte siriano a fianco degli jihadisti del Daesh e incaricato dell’operazione “attacco nel sud della Francia”.
Il ritrovamento del testamento
Stando a quanto riferito dalla tv francese Lci, gli inquirenti, durante la perquisizione a casa di Lakdim, avrebbero ritrovato una lettera scritta dal marocchino. Una sorta di testamento nel quale si farebbe esplicito riferimento allo Stato islamico, potrebbe, dunque, trattarsi di un Bay’at, un giuramento di fedeltà al Califfato, come già riscontrato in episodi analoghi. Se fosse confermato il ritrovamento, sarebbe l’ulteriore tassello che va a comporre l’identikit di un personaggio non più borderline, ma assolutamente avviato verso una radicalizzazione completa, forse avvenuta anche via web, che lo ha condotto verso l’attacco terroristico. Del resto, a qualche ora dall’attacco di Trebes, l’agenzia Amaq ha pubblicato la rivendicazione dell’Isis che definisce Lakdim un “nostro soldato”, legittimandone di fatto l’azione. Dagli accertamenti esperiti, Redouane Lakdim potrebbe essere connesso con il circuito jihadista orbitante attorno alla figura di Mohammed Merah, dal nome del franco-algerino autore degli attacchi terroristici verificatisi a Tolosa e Montauban nel 2012.
Prima di fare irruzione al supermercato Lakdim aveva rubato un’auto a Carcassonne, uccidendo un passeggero e ferendo l’autista. Successivamente avrebbe sparato a un agente che, insieme ad altri, stava facendo jogging con la tuta della polizia nazionale. Appena entrato nel market, avrebbe subito fatto fuoco contro due persone, mantenendo poi tutti i presenti sotto la minaccia di una pistola calibro 9.
Durante l’attacco il giovane avrebbe urlato più volte Allahu akbar e dichiarato di far parte e di agire per il Daesh
Un ufficiale della Gendarmerie, il tenente colonnello Arnaud Beltrame ha chiesto e ottenuto di essere preso in ostaggio in cambio della liberazione di una persona. Pochi minuti dopo lo scambio sono entrate in azione le squadre del Gign, il gruppo intervento speciale della Gendarmerie francese, che facevano irruzione neutralizzando il terrorista e liberando tutti gli ostaggi. L’ufficiale in ostaggio, nel frangente, rimaneva gravemente ferito e, per le ferite riportate, è morto dopo poche ore.
Due fermati: un amico e la compagna di Lakdin
Prima di essere neutralizzato, Lakdim aveva chiesto il rilascio di Salah Abdeslam, l’ultimo sopravvissuto del commando di terroristi attacchi 13 novembre. Subito dopo l’attacco al supermarket, grazie alle indagini immediatamente iniziate, sono stati fermati una donna e un giovane ritenuti connessi all’attentato il cui bilancio provvisorio è di 4 morti e 16 feriti di cui 2 in modo grave.
Le premesse di un attacco in Francia
Già dal 18 marzo scorso si erano avute le prime avvisaglie di un attacco in Francia, emerse dal monitoraggi sulle piattaforme dei maggiori social network e, come usuale, su Telegram.
In particolare, dai sedicenti vertici dell’Isis si è rilevata una spinta a decentralizzare gli attacchi, ovvero a colpire obiettivi minori, i cosiddetti soft target, sia per distogliere l’attenzione delle forze di sicurezza impegnate nei grossi centri urbani, sia anche per mantenere alta la tensione e, soprattutto l’attenzione mediatica sul fenomeno jihadista, anche ai fini della prosecuzione dei reclutamenti.
Quanto accaduto conferma come il pericolo jihadista non sia stato affatto scalfito dalle operazioni militari contro il Daesh nell’area siro-irakena, ma il rischio di attentati sia latente e strettamente connesso con il fenomeno emulativo del quale si giovano i reclutatori incaricati dell’indottrinamento e dell’avviamento alla jihad dei giovani adepti.