«La guerra in Siria non è ancora finita. E la presenza dell’Isis si fa ancora sentire». Così dichiara, al telefono con Aiuto alla Chiesa che Soffre, monsignor Boutros Marayati, arcivescovo armeno-cattolico di Aleppo dopo il tragico attacco che ieri è costato la vita a padre Ibrahim Hanna (chiamato Hovsep), parroco armeno-cattolico di San Giuseppe a Qamishli.
Stando a quanto riferisce il presule ad ACS, padre Hanna si stava recando a Deir ez-Zor per controllare i lavori alla Chiesa dei Martiri. «Stiamo cercando di ricostruire la chiesa e la case dei cristiani, così che i fedeli possano far ritorno in città – spiega il vescovo. In macchina con il parroco quarantatreenne vi erano suo padre, il diacono della chiesa di Hassaké ed un laico – Poco prima di Dei ez-Zor, due uomini armati su una moto hanno affiancato e poi superato la loro macchina aprendo il fuoco. Il padre del sacerdote è morto sul colpo, mentre padre Hanna è morto non appena giunto di fronte all’ospedale di Hassaké».
Le indagini sono ancora in corso
«Non sappiamo ancora chi l’abbia ucciso sebbene pare che l’Isis abbia rivendicato l’attacco. Certo è che padre Hovsep indossava il clergymen e dunque era riconoscibile, così come era ben riconoscibile la sua macchina che sul cofano portava una grande scritta: Chiesa armeno-cattolica». È dunque plausibile che padre Hanna sia stato colpito perché sacerdote e anche per il suo contributo alla restaurazione di una presenza cristiana a Deir ez-Zor. «È una città molto importante per noi – spiega monsignor Marayati – perché è lì che sono stati uccisi molti dei nostri martiri fuggiti dal genocidio del 1915. Oggi non vi è più nessun armeno-cattolico e sicuramente i turchi non vogliono che vi torniamo. La nostra presenza ricorderebbe il genocidio armeno». Non si può dunque escludere, secondo il presule, che dietro l’omicidio del sacerdote possa esservi una mano turca. «Non vi sono prove, ma da sempre Isis è sostenuto e coperto dai turchi». Dalle 12 di oggi, ora locale, si stanno celebrando a Qamishli i funerali di padre Hanna. “Tutta la comunità sarà presente, anche i musulmani, a dimostrazione dell’unità e la solidarietà della città intera”. Una città che vive forti tensioni a causa degli scontri tra turchi e curdi. «La situazione è caotica. Vi sono turchi, curdi, americani, russi. Soltanto ieri vi sono state tre esplosioni. I cristiani hanno paura e ad ogni violenza tante famiglie decidono di emigrare». Prima della guerra a Qamishli gli armeno-cattolici erano 5mila e vi erano 5 chiese. Oggi sono 2mila e soltanto due chiese sono rimaste aperte.
Attraverso ACS, monsignor Marayati manda un appello alla comunità internazionale
«Noi chiediamo solamente che questa guerra finisca. Ma ciò non potrà avvenire se continuate ad aiutare i terroristi e ad inviare armi in Siria!». Poi si rivolge ai cristiani di tutto il mondo: «Vi prego, pregate per noi e per il nostro popolo. Viviamo momenti estremamente difficili».