Tra avere o essere: questa in Ucraina è la guerra dell’apparire. Roba che neanche al concorso ‘bimbi belli’. Mentre si contano i morti, da una parte e dall’altra, e il mondo intero teme la terza guerra mondiale e per quanto riguarda il gas, almeno in Italia, pare ci sia rimasto quasi unicamente quello negli accendini, c’è chi non rinuncia alla cura della propria immagine. E anche questo da una parte è dall’altra. Perché anche l’abito, che non farà il monaco, fa comunque propaganda.
Outfit di guerra, dunque, dalle magliette a maniche corte di Zelensky sfoggiate in pieno inverno, e parliamo dell’inverno ucraino, alla cravatta di Putin indossata alla parata per celebrare il 9 maggio. Che stando alle indiscrezioni sarebbe una cravatta di manifattura italiana. E non una manifattura qualsiasi. Sarebbe un modello di Marinella, azienda leader nelle cravatte sartoriali, firma tanto cara all’ex premier Silvio Berlusconi. Sarà stato un regalo proprio del Cavaliere quando era ben saldo il legame con l’amico Putin? Chissà.
Comunque ogni conflitto, alla fine, ha il suo stile. E se per le vittime civili e per i soldati caduti sul terreno si può invocare solo la pietas umana e divina, per alcuni protagonisti della guerra in Ucraina si dovrebbe chiedere almeno un po’ di buon gusto e magari anche un po’ di sobrietà.
La propaganda, infatti, non è solo quella diffusa (anche questa, e non ci stanchiamo di ripeterlo, da ambo le parti) con notizie più o meno realistiche riguardo i combattimenti sul campo e le attività diplomatiche. I messaggi subliminali arrivano anche con la scelta di abiti, accessori e tutto l’outfit usato per ogni apparizione. Tanto si è detto e scritto sulle magliette e le felpe usate da Zelensky dal primo giorno dell’invasione russa. Il presidente ucraino ha appeso la cravatta al chiodo dal 24 febbraio, scegliendo uno stile da combattimento, con il muscoletto che spunta dalla manichina corta della maglia, che fa tanto uomo forte. E pantaloni con i tasconi, comunque in stile militare, e ogni tanto qualche felpa. Famosa, ormai, quella venduta all’asta per 105mila euro. Se al ‘fortunato’ che è riuscito ad aggiudicarsela sia arrivata fresca di bucato o ancora un po’ sudaticcia non è dato sapere. Rimarremo con il dubbio, ma ce ne faremo una ragione.
Ma oltre a Zelensky, anche altri leader o protagonisti del conflitto, usano l’outifit come strumento di comunicazione. Lo stesso Vladimir Putin, ancor prima della cravatta modello punto a spillo blu e bianco indossata alla parata nella Piazza Rossa, a marzo, durante il suo discorso alla nazione sul palco in stile convention Usa, in uno stadio gremito, ha sfoggiato un giaccone da circa 12mila euro di una nota casa produttrice italiana. Buon gusto a parte, la scelta di esternare con tale spregiudicatezza certi abiti in tale contesto, francamente lascia perplessi. Anche perché le immagini dei villaggi e delle città bombardate ci raccontano altro.
Ma l’allegra brigata modaiola del conflitto, che più di qualsiasi altro sta godendo della luce di riflettori, telecamere, social e di ogni altra diavoleria possibile, è ben nutrita e non si ferma certo a Putin e Zelensky.
Anche la speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, ha voluto fare la sua bella figura. Per la sua visita a Kiev ha scelto un tailleur turchese con tanto di scarpa con il tacco abbinata. Neanche fosse diretta alla prima del Metropolitan Opera House di New York.
E Jill Biden, la first lady Usa, durante il suo recentissimo viaggio in Ucraina dove ha incontrato la signora Zelensky, si è presentata in abiti apparentemente più comodi, ma non ha voluto rinunciare al vezzo di un gioiello importante. Sfoggiava infatti un bracciale fatto di fiori come quelli usati per il ballo annuale delle debuttanti.
Meno vistosa, e sicuramente più misurata in fatto di outfit, la presidente della Commissione europea. Ursula von der Leyen si è presentata nella capitale ucraina vestita di nero, pantaloni e maglioncino da cui spuntava il collo della camicia. Un leggero giubbetto antiproiettile a completare il tutto, ma senza fronzoli.
Ma nell’era dell’immagine, ‘appaio quindi esisto’, tutto fa propaganda, tutto fa guerra, tutto fa guadagnare consensi. Ma il tacco dodici, il giaccone di piume, che a giudicare dal costo dovrebbero essere perlomeno umane, o la magliettina che fa tanto Rambo, anche no. Grazie.