Il presunto passato nazista dell’Ucraina è al centro di discussioni più o meno serie sin dall’inizio dell’ “Operazione speciale” di Mosca lanciata, secondo il Cremlino, proprio per de-nazificare il governo di Kiev.
Con decisamente poca conoscenza della Storia e tanta propaganda, si è finiti per additare la Russia (30 milioni di morti nella lotta al nazismo) di essere “fascista”, archiviando invece i sospetti, passati e presenti, di infiltrazioni naziste fra gli ucraini. E non solo…
Sotto l’amministrazione (democratica) di Henry Truman, furono infatti migliaia i nazisti che trovarono rifugio negli Stati Uniti. Tolti, chiaramente, coloro i quali raggiunsero Medio Oriente e Sud America…
Sessant’anni prima dell’avvento degli smartphone, Truman aveva lanciato la moda del “ricondizionato”: prendi un nazi, cancellagli il passato e immettilo di nuovo in servizio.
Alla fine del secondo conflitto mondiale, di fronte alla prospettiva di avere l’Unione Sovietica quale nuovo nemico, gli Stati Uniti si accaparrarono scienziati tedeschi e giapponesi. I russi tentarono la stessa strada, ma consultare i loro archivi non è mai stato facile dunque la sorte dei nazisti nella terra dei soviet è meno nota.
Si sa bene, invece, che ex Gestapo, SS, elementi dell’intelligence del Terzo Reich finirono nei servizi segreti occidentali ed orientali, financo nelle forze di polizia delle due Germanie.
Già, perché oltre alle ricerche missilistiche di Werhner von Braun ed a quelle batteriologiche del sadico generale Shirō Ishii, le due superpotenze si avvalsero di ex operatori dei servizi segreti da schierare nella guerra dell’intelligence.
Reinhard Gehlen, ad esempio, ex ufficiale dello Heer (esercito tedesco) incaricato da Hitler di realizzare una rete spionistica poi, dal ’46 al ’68, operativo della CIA prima e della BND (Bundesnachrichtendienst) della Germania ovest, agenzia di cui fu anche fondatore. E’ stato lui a far scavare il tunnel sotto Berlino est, a scoprire l’esistenza della SMERSH (Smert shpionem – morte alle spie) sovietica e ad infiltrare cinquemila agenti anti-comunisti nel Patto di Varsavia.
Altro elemento chiave dell’intelligence americana in Germania fu Theodore Savaecke, noto in Italia come il Boia di Piazzale Loreto. Nell’agosto 1944 fece fucilare 14 partigiani italiani, esponendo poi i loro corpi a Piazzale Loreto dove, otto mesi più tardi, finirono i cadaveri di Mussolini, di Claretta Petacci e di ministri e gerarchi della Repubblica di Salò.
Per anni si pensò che l’esecuzione di Mussolini e la sua “esposizione” sul piazzale milanese avessero vendicato la morte dei 14 patrioti. Nulla di più sbagliato: il vero responsabile, Savaecke, morì nel suo letto nel 2004. Visse un dopoguerra felice e gratificante. Infatti, malgrado il passato nella Gestapo (con comando operazioni in Lombardia), nonostante le torture e le esecuzioni degli anti-fascisti, lavorò per la CIA in Germania ovest, ricoprendo altresì successivi, importanti incarichi nella Bundeskriminalamt, polizia criminale tedesca.
Ma il caso forse più eclatante di nazista “ricondizionato” è il già citato Werhner von Braun. Capitano delle SS, per la costruzione dei razzi V2 von Braun ricorse al lavoro durissimo di circa 20 internati dei lager, veri e propri schiavi morti di lavoro, malattia o sepolti durante le incursioni alleate contro la base missilistica di Peenemunde. Senza contare i 30 mila civili britannici uccisi dalle bombe volanti. Von Braun divenne icona a stelle e strisce sul finire degli Anni Sessanta: fu lui, infatti, a portare la Missione Apollo 11 sulla Luna, conferendo agli Stati Uniti il primato dell’allunaggio.
I “peccatucci” commessi in passato furono dunque dimenticati. Al di là degli indubbi meriti alla NASA, restava però un criminale non diverso dall’altro capitano SS, Joesef Mengele, sadico chirurgo di Auschwitz, rifugiatosi prima in Argentina poi in Brasile. Tuttavia, proprio i meriti spaziali condizionarono la percezione di von Braun da parte dell’opinione pubblica mondiale: era come Mengele, ma nessuno si sarebbe mai sognato di fare un accostamento simile.
Il generale Shirō Ishii morì anch’egli nell’impunità. Nel corso del suo comando dell’Unità 731 aveva condotto esperimenti disumani sulla popolazione cinese della Manciuria: diffusione del vaiolo, bombardamenti di villaggi civili con fiale di malattie infettive, operazioni chirurgiche che definire barbarie è un eufemismo. Consegnò le sue ricerche agli americani. Poi, dopo una prigionia in Urss, tornò a fare il medico in Giappone; qui un cancro lo stroncò nel 1959. Si convertì al cattolicesimo sul letto di morte, ma non pagò mai per i suoi crimini.
Elementi di rango minore, poi, vissero indisturbati nelle Americhe, talvolta lavorando per i servizi occidentali altre meramente dimenticati da tutto e da tutti. Tranne che dalle vittime… Misha Seifert, guardia ucraina del lager di Bolzano, amante della frusta con la quale massacrava i prigionieri, venne estradato dal Canada nel 2000 per rispondere delle sue colpe davanti alla giustizia italiana. Era arrivato in Canada al termine del conflitto, facendo perdere le sue tracce. La Croce rossa tedesca lo rintracciò nel 1960 ma la procura di Dortmund lo dichiarò disperso. Condannato all’ergastolo per 15 omicidi commessi a Bolzano, morì all’Ospedale di Caserta nel 2000.
E gli italiani? I nostri servizi segreti, così poco amati a causa anche di una informazione non sempre trasparente, stilarono nell’immediato dopoguerra lunghe liste di tedeschi e di stranieri al soldo di Berlino, responsabili di crimini sul territorio italiano e all’estero contro civili e militari italiani. Insieme ai fascicoli redatti dai britannici e dagli statunitensi, quei documenti finirono in un armadio riposto, per quasi mezzo secolo, negli scantinati di un palazzo cinquecentesco nel centro di Roma. Riscoperti, vi furono tentativi – vani – di condannare criminali ormai novantenni e sovente “aiutati” dalle lungaggini burocratiche e dai no dei loro paesi all’estradizione. Tante condanne emesse dalla giustizia italiana sono finito nel vuoto… Inoltre, quando siamo riusciti ad acciuffarne qualcuno, ce lo siamo perso per strada, vedi Reder e Kappler entrambi evasi e tornati a casa.
Lo spauracchio del fascismo non ci ha tuttavia mai abbandonati. E per contrastarlo invochiamo la lotta partigiana ed i valori costituenti in ogni occasione. Serve? No, perché accusare la Russia (lontana ed invisa sia alla UE sia agli USA) e qualche avversario politico di fascismo è un giochino facile; chiedere l’estradizione di macellai a paesi di grande peso economico e politico significa generare tensioni in seno a quell’Unione Europea cui sembra che, di giorno in giorno, sacrifichiamo sempre di più, ottenendo però sempre meno….