Risalgono le tensioni tra Serbia e Kosovo. Nel nord del Paese, dove la popolazione è a maggioranza serba, nella notte tra sabato e domenica si sono verificate numerose esplosioni, blocchi stradali e sparatorie. Una granata stordente da colpito una pattuglia di ricognizione della Eulex, la missione Ue in Kosovo, nei pressi di Rudare ma nessun agente dell’unità sarebbe rimasto ferito. In una nota, Eulex chiede “ai responsabili di astenersi da azioni più provocatorie e sollecitiamo le istituzioni del Kosovo a consegnare i colpevoli alla giustizia”. E aggiunge: “Questo attacco, così come gli attacchi agli agenti di polizia del Kosovo, sono inaccettabili. Condanniamo fermamente gli atti violenti perpetrati da persone armate nel nord del Kosovo, anche contro la comunità internazionale”.
Serbia: “Chiederemo a Nato di dispiegare le truppe nel nord del Kosovo”
Nel frattempo anche le dichiarazioni delle parti contribuiscono a mettere benzina sul fuoco. Il presidente della Serbia ha fatto sapere che chiederà formalmente alla Nato il permesso di dispiegare le truppe serbe nel nord del Kosovo, pur ammettendo che è molto improbabile che tale permesso venga concesso. Tuttavia, i serbi sostengono che la risoluzione delle Nazioni Unite, che ha formalmente posto fine alla sanguinosa repressione del Paese contro i separatisti albanesi del Kosovo nel 1999, consentirebbe a circa 1.000 truppe serbe di tornare in Kosovo. Dal canto suo, il primo ministro del Kosovo ha risposto che “risponderemo all’aggressione con tutte le nostre forze” e ha esortato l’Unione Europea e gli Stati Uniti a denunciare quella che, a suo dire, è una violenza orchestrata da Belgrado per destabilizzare il Kosovo. Il presidente serbo Aleksandar Vucic, inoltre, in un duro intervento in diretta televisiva, ha ribadito le accuse al premier kosovaro di voler esasperare la situazione con la sua politica ostile ai serbi e di disprezzo del diritto internazionale e degli accordi già raggiunti in sede di dialogo.
Le diplomazie occidentali, in primis Ue e Usa, stanno moltiplicano gli appelli alla calma
Il clima dunque è incandescente, nonostante il rinvio delle elezioni municipali previste per il 18 dicembre a cui i serbi si erano opposti. Le diplomazie occidentali, in primis Ue e Usa, stanno moltiplicano gli appelli alla calma. Nelle ultime ore è intervenuto anche il vicepremier e ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, che ha contattato telefonicamente sia il presidente serbo, Aleksandar Vucic, sia il premier kosovaro Albin Kurti. Ad entrambi Tajani ha rivolto appelli al dialogo e alla moderazione. La comunità internazionale, infatti, già allarmata per il conflitto tra Ucraina e Russia, sta tentando di evitare un nuovo incendio nel cuore dei Balcani, regione instabile e politicamente fragile nella quale non si sono ancora rimarginate le ferite dei sanguinosi conflitti degli anni Novanta. Nel 2008 il Kosovo ha dichiarato la sua indipendenza ma la Serbia non l’ha mai riconosciuto pur rispettando, fino ad oggi, i confini.
L’attuale situazioni nel nord del Kosovo è monitorate dalla polizia kosovara, affluita in forze già nei giorni scorsi, ma anche da unità di Eulex e dalle pattuglie della Kfor, la Forza Nato in Kosovo.