Si ricomincia. O forse non è mai terminata l’offensiva del terrorismo islamista in Europa. Vienna, Nizza, Parigi e lo sventurato professore decapitato, sono gli ultimi episodi di una tragedia che non si è mai interrotta. E anche la narrazione è sempre la stessa. Dopo un attentato, arrivano puntuali un fiume di dichiarazioni di condanna per quanto accaduto, candele accese in ogni dove, prese di posizione dure (o presunte tali) che vorrebbero sembrare minacce verso i terroristi: “Non vincerete”.
Dall’altra parte, quella dei terroristi, la reazione potrebbe essere, più o meno, quella di una grassa risata accompagnata dalla frase: “Siete voi a farci entrare”. Sì, perché a guardarla dalla parte della galassia terrorista nel suo complesso, la gestione dell’immigrazione clandestina, e non solo, da parte dell’Europa fa davvero ridere. Dopo l’attentato di Vienna, preceduto a breve distanza da quello di Nizza e dalla decapitazione del professore a Parigi, come sempre il livello di allerta nei vari Paesi europei si eleva automaticamente. E anche questa volta la tradizione non si è interrotta: controlli ai confini tra i vari Stati, convocazione di comitati per la sicurezza (con nomi diversi a seconda di dove vengono convocati) e dichiarazioni di intenti a profusione. Ma come sempre manca la strategia comune, quella dell’Europa per intenderci.
Scorrendo le cronache di questi giorni è chiaro che l’attacco a Vienna ha messo in allarme la politica europea e quella ovviamente dei singoli Stati. E cosa sono stati in grado di farci sapere? Che è necessario prendere accordi con la Tunisia per fermare l’ingresso di soggetti pericolosi in Europa attraverso gli sbarchi clandestini in Italia. Davvero una grande intuizione, bisogna ammetterlo. Peccato che mentre la furia islamista colpiva Parigi, Nizza e Vienna, a Lampedusa e in Sicilia continuavano ad arrivare centinaia di persone senza alcuna possibilità di fermarle. E i dati del fenomeno sono reperibili sul sito del ministero dell’Interno. Nel caso della Tunisia, ad esempio, secondo il Viminale nel 2020 sono entrate illegalmente nel nostro paese 11.919 persone. È evidente che parlare di rimpatri è una soluzione che non risolve il problema. A fronte di centinaia di arrivi giornalieri sulle nostre coste, poche decine di rimpatri, anche avvenissero tutti i giorni, significa voler svuotare il mare con un secchiello considerate le modalità del rimpatrio stesso che non è sempre quello dell’accompagnamento alla frontiera. Come nel caso dell’attentatore di Nizza, infatti, l’Italia lo ha espulso consegnandogli un foglio di via che intimava l’abbandono del nostro territorio nazionale. E Ibrahim Issaoui l’ha fatto. Peccato che invece di tornare in Tunisia è andato in Francia a tagliare la gola a un po’ di persone.
Così come l’analisi su chi ha colpito a Vienna, e su cui abbiamo preferito lasciare il racconto della cronaca ad altri e più autorevoli testate, si colloca all’interno della stessa incapacità di contrastare le dinamiche del terrorismo islamista, perché siamo terribilmente offuscati e contaminati dalle politiche buoniste dell’Ue dominati dalla furia immigrazionista di molta politica.
L’Unione europea è dunque colpevole di non gestire, in modo serio e strutturato, il flusso di immigrati, sia quello che arriva dal Mediterraneo sia quello che arriva dai Balcani. I vari governi degli Stati membri si accapigliano sulle quote di redistribuzione, i porti di attracco delle navi gestite dalle Ong, il trattato di Dublino, etc. Ma nessuno ha mai avuto il coraggio di proporre una soluzione più decisa. Perché se si parla di blocco navale o di respingimenti, interviene la retorica dell’accoglienza portata avanti da certa sinistra e dalla chiesa. Fermare il terrorismo islamista pare proprio non sia una priorità in questa Europa, in questa Italia, troppo impegnate a fermare i fascisti.