La stretta sulla sicurezza in Francia porta a un processo unico nel suo genere: 53 ragazzi al di sotto dei 18 anni verranno giudicati a Parigi per legami con il terrorismo internazionale. Una nuova sfida per la giustizia che deve interfacciarsi con così tanti adolescenti e capire cosa effettivamente c’entrano con le organizzazioni terroristiche.
Storie diverse, come quella di M., ragazza che non poteva uscire di casa neanche per pregare per le restrizioni dei suoi genitori, che ha trovato nell’Islam radicale una via d’uscita. O quella di F., che voleva segretamente aiutare il suo popolo siriano. E ancora, c’è la storia di H. che durante la notte scriveva lettere ai jihadisti dicendo di essere pronto a offrire la sua vita ad Allah. Tutti e tre sono giovani jihadisti francesi, entrati a far parte del dossier relativo al processo per terrorismo. Cinquantatré minorenni in totale, 37 ragazzi e 16 ragazze. E altri 136 sono oggetto di misure preventive. I magistrati sottolineano che “la radicalizzazione è il segno di una società che non è in grado di riempire le fratture” e per questo sono sempre più piccoli d’età i nuovi terroristi.
Mercoledì 1 marzo il tribunale per minori di Parigi si è concentrato sul caso di Marsiglia: il minorenne in questione aveva attaccato l’insegnante ebrea l’11 gennaio 2016. Tutti gli altri casi saranno a seguire, con molta sorpresa dei giudici che tra i bambini sono abituati a seguire al massimo casi di piccoli furti. Proprio per la paura dell’impreparazione generale, lo scorso dicembre Naima Rudloff, avvocato generale della corte d’Appello parigina, ha organizzato una sessione speciale di formazione sul tema terrorismo per avvocati e magistrati. Non è l’età, né sono gli occhi infantili di questi ragazzi che deve far cambiare atteggiamento nei confronti dei crimini, anche se a volte è difficile, perché spesso sono proprio i minorenni l’avanguardia dell’Isis in Francia.
Bisogna tornare al caso di luglio 2015 per vedere come è stata trattata la tematica: un minorenne di Tolosa tra i 15 e i 16 anni partito per la Siria per un breve periodo. Per l’avvocato Matthieu Chirez l’indottrinamento jihadista deve essere fatto rientrare nel protocollo dei “Princìpi di Parigi” per il quale “i bambini soldato non devono essere arrestati, perseguiti o sanzionati”. La giudice antiterrorismo, Isabelle Couzy, ha emesso un’ordinanza di rinvio. Il giovane è stato poi condannato a sei mesi di carcere che non ha mai fatto: il giorno successivo alla sentenza è infatti ripartito per la Siria. E non è stato fermato da nessuno. Un evento che in questo processo farà ricorrere sicuramente ad una severità maggiore.
Il vortice dell’ideologia della radicalizzazione per i minorenni è ancora più subdolo che per i maggiorenni e ha delle cause in più a suo favore. Spesso sono bambini che vengono da famiglie distrutte, hanno genitori alcolisti o che li rinchiudono in casa. Molti sono stati i casi riscontrati di abbandono precoce della scuola tra i minorenni attenzionati. Va ricordato che la maggior parte delle radicalizzazioni avviene su internet. Proprio nella fase della costruzione dell’identità, infatti, i ragazzi si ritrovano a vedere video dalle grandi promesse di gloria e l’oscillazione verso il terrorismo diventa una tentazione troppo forte. E’ stato così per i 53 giovani a Parigi? Sono tutti minorenni e terroristi? Questo lo scopriremo seguendo il processo, ma al momento restano delle domande chiave. Cosa fare di questi giovani che a volte sono in Francia solo di passaggio? Come giudicarli correttamente? E, soprattutto, come ricreare per loro un futuro diverso da quello della radicalizzazione?