La scorsa settimana la Marina Militare degli Stati Uniti ha posto un divieto di uso del social network cinese TikTok, precludendone l’accesso da dispositivi mobili del governo. La ragione del “ban” risiede, secondo fonti Reuters, nella “minaccia alla sicurezza informatica”, che rappresenta il social network e per tale motivazione, la Marina Usa ha ordinato perentoriamente a tutti i militari in forza di rimuovere dai devices in dotazione l’app di accesso al social “per salvaguardare le proprie informazioni personali”.
Intanto, sempre la Marina americana ha inibito l’accesso all’intranet del Corpo Militare ai devices sui quali risultata installata l’App di TikTok, che negli Usa ha già preso nel febbraio del 2019 una multa da 5,7 milioni di dollari dall’Agenzia governativa per la tutela dei consumatori per avere raccolto i dati personali di minori di 13 anni senza il consenso dei genitori.
Fonti del Pentagono riferiscono che il divieto e l’ordine conseguenziale rientrano in una strategia preordinata ad “affrontare le minacce esistenti ed emergenti”.
Pesa sulla disposizione anche il recente avvio di un’indagine volta ad accertare se l’azienda cinese, attraverso la raccolta di dati personali, oltre a mettere a rischio la privacy dei cittadini americani, possa anche rappresentare una concreta minaccia per la sicurezza nazionale. Eppure, solo qualche settimana fa le parole di Donald Trump sull’accordo commerciale con la Cina avevano determinato una reazione più che positiva delle borse. Infatti, il presidente americano annunciava su Twitter che Washington e Pechino erano “molto vicini ad un grande accordo”.
La notizia, ripresa dal Wall Street Journal, mantiene tuttavia il sapore di una grande bolla speculativa, tenuto conto che sul piano geo-politico, economico e militare la trade war tra Cina e Usa è ancora nel vivo e sembra anche preannunciare importanti novità all’orizzonte. Dallo scorso vertice Nato, infatti, riecheggia forte l’allarme sulla Cina che, secondo soprattutto la compagine americana, sta spostando equilibri di potere globali. Non a caso, per la prima volta nella storia della Nato, i leader del Patto atlantico, nella dichiarazione congiunta alla conclusione del vertice di Londra, hanno fatto riferimento alle sfide commerciali e militari che arrivano dalla super potenza asiatica.
Per queste ragioni, malgrado le dichiarazioni talvolta sin troppo speculative, prosegue decisa l’attività degli Stati Uniti protesa alla più alta protezione dalla “minaccia cinese”, attraverso l’introduzione di severe misure protezionistiche delle tecnologie digitai ed infrastrutture tecnologiche statunitensi.
Il mese scorso, ad esempio, la commissione per gli investimenti esteri americana ha avviato un’indagine sull’acquisizione dell’app per social media Musical.ly da parte della società tecnologica di Pechino ByteDance, nutrendo sospetti sia sulla gestione dei dati personali degli utenti dell’App sia sulla possibilità che le autorità cinesi potessero accedervi. L’indagine si colloca sulla scia di quella delle Agenzie Governative che, per ragioni di sicurezza nazionale, hanno collocato il colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei nella lista nera, precludendone ogni rapporto commerciale.
Del resto, la posizione americana è largamente condivisa in Italia dal Copasir che ne ha ampiamente avvalorato le argomentazioni nella sua recente relazione al Parlamento.
A tal riguardo, giova evidenziare che il social network cinese trova espressa menzione nella relazione del Copasir che nel puntualizzare che TikTok “conta circa 500 milioni di abbonati ed è utilizzato in larga parte da giovani al di sotto dei 18 anni”, segnala testualmente “rischi derivanti dai possibili utilizzi dei dati raccolti mediante l’attività di profilazione degli utenti, attraverso la raccolta dei dati presenti negli account, al fine di personalizzare i contenuti dell’applicazione”.
Vedremo se e in che modo il nostro Governo terrà conto anche di queste ulteriori evoluzioni.