Invisibili eppure fondamentali. Così si potrebbero definire i caregiver familiari, un esercito di circa 3 milioni e 300mila persone che assistono in veste non professionale un familiare, un parente o un amico bisognoso di cure. Malati gravi, disabili o anziani che ogni giorno ricevono il supporto di questi “angeli” che prestano le loro cure a costo zero e soprattutto senza alcun riconoscimento. L’Istat calcola che di questi 3 milioni la quasi totalità è costituita da donne, di età compresa tra i 45-55 anni, e da circa 169 mila ragazzi, in età compresa tra i 15 e i 24 anni.
Si tratta di una cifra certamente sottostimata, perché non parliamo di una professione registrata e accertata da registri o elenchi appositi. Statistiche a parte, seppur preoccupanti, la figura del caregiver familiare apre un dibattito molto acceso sul tipo di riconoscimento e sulle tutele di cui queste persone beneficiano.
MANCATO RICONOSCIMENTO GIURIDICO
Dal punto di vista giuridico il family caregiver in Italia non gode di alcun riconoscimento legislativo. L’Italia, infatti, è uno tra i pochi Paesi in Europa a non avere una legge su chi assiste un familiare disabile grave. Oltre la mancata tutela legislativa, il family caregiver non ha diritto ad alcune tutela di tipo previdenziale, sanitaria e assicurativa. Assistere in maniera continua una persona con questo tipo di problematiche può rivelarsi, e lo è nella maggior parte dei casi, fonte di ripercussioni a livello di salute, economico, alterando quasi sempre anche la vita lavorativa.
Secondo un’indagine Aima (Associazione italiana malati di Alzheimer) il 45,7% dei caregiver familiari ha problemi di lavoro. Di cui il 16% ha dovuto lasciare la propria occupazione, il 32% ha chiesto il part time, e il 33% ha dovuto cambiare lavoro mentre il 3,6% è stato licenziato.
Lo Stato italiano in tal senso garantisce delle agevolazioni che però non risultano sufficienti, per il numero di ore e la qualità dell’assistenza prestata. Chi ha un lavoro può stare a casa tre giorni al mese e ha la possibilità di chiedere un’aspettativa di due anni. E’ prevista una indennità di accompagnamento per i disabili – somma che molto spesso non risulta sufficiente per coprire il totale delle spese – dai medicinali alle altre necessità di cui hanno bisogno, come fa notare Rosita Terranova, una giovane caregiver che assiste suo figlio Antonio Maria di 6 anni, con gravi deficit cognitivi e motori: “Il servizio sanitario nazionale prevede un tot di confezioni di pannolini che posso acquistare per mio figlio, ma queste non bastano per far fronte ai suoi normali bisogni quotidiani” e continua: “Mi sento sola e non supportata dallo Stato e dalle istituzioni”.
In ogni caso l’indennità a cui si fa riferimento spetta esclusivamente alla persona disabile, e non è assegnata direttamente al familiare o amico che lo assiste. In questo senso il caregiver per lo Stato non esiste.
PREMIO NOBEL: “ASPETTATIVE DI VITA DEI CAREGIVER RIDOTTE DI 17 ANNI”
Alla situazione sopra descritta, si aggiunge la difficoltà di curarsi in caso di malattia, perché la persona assistita non può essere lasciata sola.
Le aspettative di vita dei caregiver familiari sono ridotte di 17 anni rispetto alla media della popolazione, come scientificamente dimostrato dagli studi del Premio Nobel per la Medicina 2009, Elizabeth Blackburn, a causa della condizione lavorativa gravemente usurante che svolgono ogni giorno. A questo si deve aggiungere la preoccupazione per il mancato sostegno che lo Stato italiano fornisce. A proposito di questo l’Onu si è pronunciata in merito, bacchettando il nostro Paese. In particolare, il Comitato Onu per i diritti delle persone con disabilità, ha raccolto e ufficializzato l’impiego del rapporto ombra (Alternative Report) elaborato dal Coordinamento Nazionale Famiglie Disabili. Sulla base del report ne ha quindi elaborato uno proprio: il “Rapporto sulle principali aree di preoccupazione e raccomandazioni”, riprendendo alcune annotazioni riportata dal Coordinamento.
Pubblicato un rapporto ufficiale, “Rapporto alternativo sui diritti delle persone con disabilità” in Italia, in cui denuncia diverse criticità tra cui proprio la mancanza di tutele per i caregiver.
PROPOSTE DI LEGGE: LE ALTRE REGIONI SEGUONO IL MODELLO EMILIA
In Italia c’è un’unica regione, l’Emilia-Romagna, che con la legge regionale del 28 marzo 2014 ha adottato una normativa che riconosce il ruolo sociale del caregiver familiare. Esempio virtuoso seguito da altre sei regioni: Abruzzo, Campania, Lazio, Marche, Piemonte e Sardegna che hanno attualmente in discussione analoghi provvedimenti legislativi.
La legge è stata fortemente voluta e ispirata dal lavoro attivo dell’associazione Carer, ovvero l’Associazione dei Caregiver dell’Emilia-Romagna, e dalla segretaria dell’associazione, la dottoressa Loredana Ligabue: “Essa riconosce diritto di cittadinanza ai Caregiver e pone le basi per un sistema di welfare in cui la domanda può assolvere un ruolo attivo nella programmazione degli interventi, per un welfare più equo ed inclusivo. La legge non solo riconosce il ruolo del caregiver, ma mette in campo un’azione sistemica di servizi di sostegno a chi dà cura: informazione, orientamento, formazione, sollievo, sostituzione in situazioni di emergenza, sollievo psicologico”.
Ma non basta: si configura come necessaria una legge quadro nazionale che riconosca la figura del caregiver in tutto il Paese, come peraltro già avviene in altri Paesi Europei.
Due sono le proposte di legge presentate alla Camera e al Senato ispirate alla legge regionale approvata nel 2014 in Emilia-Romagna, unica regione appunto, a darsi una normativa su problema.
Il testo depositato a Montecitorio, che vede come primo firmatario il deputato del Pd, Edoardo Patriarca, si intitola “Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno dell’attività di cura e assistenza familiare”. Il disegno di legge, composto da nove articoli, introdurrebbe nella legislazione alcune novità. Le regioni avrebbero l’obbligo di prevedere politiche di sostegno psicologico, con aiuti concreti quali sollievo programmato e d’emergenza, campagne d’informazione, formazione, accordi con i datori di lavoro per favorire orari flessibili, sgravi fiscali per le spese di cura sostenute dai caregiver. Il disegno depositato in Senato, a prima firma Angioni (Pd), “Legge quadro nazionale per il riconoscimento e la valorizzazione del caregiver familiare”, molto simile al testo della Camera è stato sottoscritto da appartenenti a diversi gruppi: dal Pd ai “verdiniani”, dall’Ncd-Udc al “misto” e a quello delle autonomie-Psi.
IL 24 GENNAIO AL VIA LA DISCUSSIONE IN SENATO
E’ iniziato il 24 gennaio in Commissione Lavoro e Previdenza Sociale del Senato, l’iter di tre disegni di legge che puntano proprio alla tutela del caregiver familiare. Così si apre un nuovo percorso, che si spera giunga nel minor tempo possibile, per un pieno riconoscimento dei diritti di questi cittadini “invisibili”.