Ha iniziato nel 2014 con 400 uomini e 40 auto. Oggi ha un esercito composto da circa 50mila soldati ed è arrivato fino a Tripoli. Il generale Khalifa Haftar non è esattamente uno sprovveduto. Tanto meno un aspirante dittatore che il 27 aprile scorso si è auto dichiarato capo del paese come ultima disperata mossa di chi non ha più nulla da perdere. Secondo alcune fonti è esattamente il contrario. La provocazione di quello che è ancora considerato l’uomo forte della Cirenaica avrà degli sviluppi in continuità con la sua storia. Qualcosa, fanno sapere sempre fonti bene informate, accadrà nella trattativa per la stabilizzazione della Libia. Del resto, per conoscere il carattere di un popolo bisogna anche guardare la sua storia. E la Libia prima di Gheddafi era molto simile a quella di oggi. Non si esclude, quindi, che per tenere insieme un Paese dilaniato dai conflitti interni, non solo di natura politica e economica, occorra una figura forte che possa garantire a tutti gli attori una fetta della torta. E questa figura non deve essere necessariamente un dittatore.
Sicuramente l’Italia ha perso tempo e possibilità. L’immobilismo, che nasce ancora prima dell’emergenza legata al covid-19, ha messo il nostro Paese nella condizione di dover accettare qualsiasi forma di governo si venga a creare, anche sedendosi al tavolo con attori che fino ad ora non erano presenti in Libia (come la Turchia) e accettare di dividere (nostro malgrado), la torta. Una disfatta che ha un sapore ancora più amaro se si pensa all’influenza che per anni abbiamo avuto su quel territorio.
L’Italia e l’Europa probabilmente non hanno capito che l’alternativa ad Haftar sono i Fratelli Musulmani, presenti in Libia e rappresentati dalla Turchia. È pronta, dunque, la comunità europea a confrontarsi con la madre del terrorismo?
Sarraj, del resto, è solo lo strumento attraverso il quale la Fratellanza vuole imporsi nel Paese. Ed è per questo che proprio Sarraj non vede di buon occhio, anzi condanna, la missione Irini considerandola un’operazione contro Erdogan.
Nello scenario più catastrofico, la Cirenaica potrebbe staccarsi e dividere il Paese in tre regioni. A quel punto il caos diventerebbe incontrollabile, con la Tripolitania in mano a miliziani che controllano i politici (qualcosa di simile a quello che accade in Libano).
Tra gli Stati europei l’unico, forse, ad aver percepito tale situazione è la Francia che, per proprio interesse e senza alcuna autorizzazione, sorvola con i suoi caccia il cielo libico attivando disturbi radio a discapito delle truppe di Sarraj.
Intanto, la diplomazia italiana in Libia vive sospesa, in attesa che da Roma arrivi un indirizzo politico chiaro.