“La vita è come una partita a scacchi. Devi saper fare per primo la mossa giusta”. E, il presidente russo, Vladimir Putin sembra aver seguito alla lettera questo strategia messa in pratica sulla scacchiera geopolitica internazionale. Nessuno come lui, infatti, è riuscito ad ottenere gli stessi risultati, estendendo ancora di più la sua influenza oltre i confini russi e allacciando nuove e strategiche alleanze.
E non a caso Forbes, la rivista statunitense di economia e finanza, lo ha messo al primo posto per il quarto anno consecutivo, fra le persone più potenti del 2016. A seguire il neo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (la cui simpatia e preferenza verso Vladimir Putin non è una novità) e la donna di ferro Angela Merkel.
Nella prestigiosa classifica, e non a caso vista la lunga serie di errori, mancano il presidente uscente, Barack Obama e la “silurata” Hillary Clinton. Insieme, pur avendo strategiche alleanze, non sono riusciti a mantenere la leadership americana in Medio Oriente. Il più grave errore è stato l’incessante conflitto in Siria dove il presidente americano, più che agire fermamente sulla situazione, ha pensato a come risolverla. Inizialmente il cattivo rapporto con la Russia sulla questione dell’Ucraina orientale e l’ascesa dello Stato islamico hanno convinto Obama, anche su consiglio del segretario di Stato, Hillary Clinton, ad autorizzare la campagna militare americana in Iraq e Siria. Ma, come abbiamo visto tutti, l’impegno militare dell’America per costruire “diplomatiche coalizioni” in Medio Oriente è stato un vero e proprio flop. Obama ha minacciato da sempre di bombardare Assad, ma questo non è mai avvenuto. Washington si è limitato a sostenere in più modi le forze rivoluzionarie siriane, mentre la Russia di Putin, già un anno fa, intervenne in modo mirato in Siria cercando di abbattere definitivamente il regime di Bashar al Assad.
Come poi è avvenuto. L’azione militare di Putin che non ha certo disdegnato di bombardare la popolazione civile, pur di ottenere il risultato è riuscito a riconsegnare la martoriata e quasi scomparsa città di Aleppo ad Assad e a tutto il popolo siriano. Non solo, il cessate il fuoco è stato garantito non dalle potenze americane o europee, ma da Russia, Turchia ed Iran.
Vladimir Putin grazie al “ventre molle” della politica americana, è riuscito a ribaltare a suo favore strategiche e impensabili alleanze, come quelle con Israele e Turchia. La prima da sempre grande alleata americana e la seconda da sempre contrapposta a Mosca hanno ora stretto un patto d’alleanza molto significativo per ciò che avverrà nei prossimi scenari geopolitici sia a livello nazionale che internazionale.
Inoltre, a sottolineare questo vento di cambiamento, si aggiunge il rapporto solidale fra il neo eletto presidente americano Donald Trump e Putin. Già durante la sua campagna elettorale era tangibile la voglia del nuovo inquilino della Casa Bianca di riallacciare e distendere i rapporti con il Cremlino. Rapporti ora messi a dura prova dopo le espulsioni e sanzioni contro Mosca e dirette a singoli individui, da parte del presidente uscente Obama, per rispondere alle presunte interferenze nelle elezioni Usa che sembrerebbero aver portato Donald Trump alla casa Bianca. Provvedimenti che a quanto pare non si fermeranno a queste espulsioni. Obama infatti ha scelto di procedere contro questi continui tentativi da parte della Russia di danneggiare gli Stati Uniti. Dal canto suo Putin ha deciso di non espellere i diplomatici americani e fa intendere di non voler scendere allo stesso livello di “diplomazia irresponsabile” adottata dagli Stati Uniti.
E a conferma di quanto detto sopra, Donald Trump, che si insedierà il prossimo 20 gennaio, invece di schierarsi con il suo predecessore, al contrario ha mostrato di credere di più al governo russo, piuttosto che all’intelligence americana, affermando di recente : “Non ci sono prove decisive che ci sia Mosca dietro gli hackeraggi delle email del partito democratico durante le elezioni e le sanzioni sono motivate da ragioni politiche”. Una presa di posizione che non lascia spazio a fraintendimenti fra quali siano i rapporti instaurati fra i due leader mondiali. Lo stesso Putin, ha affermato più volte come anche sul fronte siriano Donald Trump si rivelerà un partner e alleato migliore di Barack Obama: “Ha il polso della società americana, ed è andato avanti durante la sua campagna elettorale fino alla fine”.
Ma chi è l’uomo che ha liberato Aleppo? Vladimir Putin non è di certo un santo, e di questo da sempre non fa mistero. Di certo è il leader del momento che ha saputo, più di altri, condizionare a suo favore la politica internazionale degli ultimi tempi. L’opinione pubblica si divide fra chi lo addita come tiranno antidemocratico e chi lo esalta per le sue capacità politico-strategiche. Come riportato nell’approfondita biografia “Vita di uno Zar”, scritta da Gennaro Sangiuliano, la vita del presidente russo è una straordinaria avventura umana e politica.
Vladimir Vladimirovič Putin, nasce in una famiglia modesta a Leningrado, (oggi San Pietroburgo), nel 1952 quando ancora in URSS era al potere Stalin. Abitava insieme al padre, operaio specializzato, e la madre che prestava servizio in una sede navale, in quelle definite “kommunalka”, una casa collettiva divisa con altre famiglie.
L’allora gracile ma determinato, “Volodja” cresce in piena Guerra Fredda e non a caso lavorerà per un lungo periodo nel KGB, il potente servizio segreto russo. Da lì la sua ascesa non ha conosciuto battuta d’arresto. Rapida quanto sorprendente , dopo essere stato eletto vicesindaco di Leningrado, dopo il crollo del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione Sovietica diventa direttore del FSB, l’ex KGB, poi primo ministro della Federazione Russa, quindi presidente dopo le elezioni del 2000, succedendo a Boris Eltsin. La sua ascesa al potere politico continua da sempre a scontare pregiudizi radicati nell’anima profonda della Russia. Ma come sempre riportato nella biografia di Sangiuliano, in realtà il successo di Putin deriva dalla sua capacità di fronte a sfide impegnative quanto drammatiche, come ad esempio la guerra in Cecenia, dove ha attuato un sistema economico, riconvertito al capitalismo. Riplasmando così un’identità nella quali tanti cittadini russi si sono riconosciuti.
Ed ora, a pochi giorni dal cessate il fuoco in territorio siriano, Putin ha battezzato la nuova “trojka” per la Siria composta da Russia, Iran e Turchia. Un’alleanza di cui si è fatto regista assoluto e che ha lasciato di fatto ai margini della scena geopolitica gli Stati Uniti d’America.
Ma l’ascesa dello zar russo, definito ora anche lo “zar d’Europa”, prosegue anche a livello europeo. Dall’Inghilterra all’Italia, dall’Austria alla Francia, i partiti anti-UE vedono nel leader russo il loro punto di riferimento. Ora non resta che stare a guardare come e quanto la scena politica internazionale muterà. Una cosa è certa, l’ascesa di “Volodja” non sembra volersi arrestare.