Si fa sempre più calda la situazione sul territorio iracheno, nelle mire espansionistiche di Teheran. Nelle ultime ore una neonata formazione sciita denominata “The fist of guidance” (letteralmente “Il pugno guida”) ha minacciato, in caso di attacchi guidati dalla coalizione, di uccidere gli ambasciatori americano e britannico se non lasceranno Baghdad entro le prossime 48 ore. Il gruppo iracheno potrebbe agire in stretta collaborazione con gli sciiti sauditi di Hezbollah al-Hijaz, formazione rappresentata dal logo in comune tra i due gruppi.
In perfetto stile iraniano, le milizie associate ai Pasdaran di Teheran riprendono, quindi, la loro campagna anti-occidentale finalizzata ad appropriarsi, con attacchi mirati alle forze della coalizione occidentale, di porzioni di territorio in Siria e Iraq ritenuti idonei alla portata dei missili in dotazione all’Iran nell’ottica di attacchi contro Israele.
I missili sono proprio il punto di forza dell’arsenale di Teheran. Dal Rid al Qiam-1, già utilizzato in diverse occasioni, al più temibile Sejil, noto anche come Ashira, ed è il missile più temibile delle Forze armate iraniane: la Rivista italiana Difesa l’8 gennaio scorso, ha dedicato un interessante approfondimento sul temibile arsenale balistico iraniano, di cui fanno parte, tra l’altro, missili che “possono essere dotati sia di testate convenzionali sia caricate con agenti chimici”.
Il Sejil, in particolare, è un missile a propellente solido – che consente tempi di allerta e messa in opera molto più rapidi del propellente liquido – accreditato di un raggio di azione di 2.000 chilometri ed una testata da circa 1.000 chilogrammi.
“La balistica – scrive Rid – è uno dei settori che Teheran ha più sviluppato negli ultimi 30 anni in cooperazione sia con la Corea del Nord, e in parte con la Cina, sia autonomamente”. Dalla Libia l’Iran si è dotata dei primi Scud-B, mentre all’inizio degli anni ’90 la Corea del Nord cominciò a fornire alcuni quantitativi di Hwasong 6 (denominato localmente Shahab-2), ovvero una variante nordcoreana dello Scud. “Di questo originario arsenale al momento dovrebbero rimanere una dozzina di complessi di lancio per Scud-B con circa 200 missili, e circa una sessantina di Hwasong 6. Ma è da diversi anni che l’arsenale iraniano sta indirizzandosi in misura sempre maggiore verso prodotti nazionali”. E così, “dallo Shahab-2 è stato derivato il Qiam-1, già utilizzato usato per attaccare le basi Usa in Iraq. Rispetto allo Shahab-2, il Qiam-1 presenta una configurazione molto diversa”, che garantisce “un sistema di guida più evoluto”, “un minore consumo” e “una gittata superiore (700/800 chilometri) rispetto a quella di Hwasong-6 e Shahab-2”, in confronto ai quali è anche meno intercettabile.
Un altro sviluppo locale è lo Shahab-3, particolarmente ‘attenzionato’ dagli analisti occidentali sin dalla sua comparsa. Si tratta di un sistema a propellente liquido, dotato di una testata fra i 500 e i 650 chili, e di gittata di circa 1.500 chilometri. Per quanto riguarda infine i missili a corto raggio, “l’Iran – conclude la Rivista italiana Difesa – da tempo ha sviluppato la famiglia Fateh, ordigni a propellente solido con una gittata nell’ordine dei 200 chilometri ed un sistema di guida che ne garantisce una discreta precisione. Accuratezza e gittata sono state incrementate fino alla variante più recente Zolfaghar, accreditata di una portata fino a 700 chilometri”.
Intanto, il 14 novembre scorso anche la Jihad islamica (Pij), gruppo terroristico sunnita comunque sostenuto dagli iraniani, ha annunciato di aver aggiunto al proprio arsenale un nuovo missile, chiamato Buraq-120, di fabbricazione totalmente palestinese anche se con il supporto dei tecnici di Hezbollah. Il missile è stato usato per la prima volta proprio durante l’ultima crisi, scaturita dall’uccisione da parte di Israele del comandante militare della Pij nella Striscia, Baha Abu al-Ata. Un omicidio mirato al quale l’organizzazione palestinese ha subito risposto con il lancio di centinaia di missili contro le comunità israeliane intorno all’enclave, provocando la reazione dell’esercito israeliano che ha successivamente reagito bombardando obiettivi mirati nella Striscia.
Tutto questo in occasione di una crisi mondiale senza precedenti provocata dalla pandemia del Virus Covid-19, che rende critiche le operazioni di difesa in caso di aggressione da parte di un Paese straniero.
Israele, come sempre, rimane l’obiettivo privilegiato dell’avversario iraniano che non perde occasione di reiterare minacce e azioni contro il governo di Gerusalemme.