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Jihad a Parigi: sangue sul processo Charlie Hebdo
Jihad a Parigi: sangue sul processo Charlie Hebdo
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Jihad a Parigi: sangue sul processo Charlie Hebdo

Il giornale satirico ancora nel mirino. Va quasi a segno la fatwa di Khamenei

25/09/2020 8:47 PM Davide Racca comments

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Torna la jihad a Parigi nel periodo in cui si celebra il processo per la strage di Charlie Hebdo avvenuta nel 2015. Sono due le persone rimaste ferite a colpi di mannaia sferrati da un giovane pakistano nei pressi del civico 6 di Rue Nicolas Appert, dove aveva sede la redazione del settimanale satirico. Forse una prima adesione alla condanna a morte dei redattori, successiva all’ennesima pubblicazione delle vignette contro Maometto, avvenuta circa un mese fa in occasione dell’inizio del dibattimento, emanata dall‘ayatollah Khamenei con una fatwa e dagli esponenti di al Qaeda nella penisola arabica, con proteste diffusesi in tutto il mondo islamico.

L’autore dell’attacco è stato bloccato poco lontano dal luogo dell’accaduto dagli agenti della Police Nationale e, condotto negli uffici della questura centrale, avrebbe reso piena confessione dell’accaduto. Oltre al giovane, ritenuto l’esecutore materiale del ferimento, sono state fermate altre 4 persone tra le quali un 35enne algerino ritenuto complice materiale nell’attacco e tre pakistani che vivevano con il 18enne,

Sui vari social network, gli account associati al Daesh e al Qaeda hanno celebrato l’attacco pur non rivendicandone la paternità.

I feriti, un uomo e una donna, sono dipendenti della compagnia di produzione Premieres Lignes che ha sede proprio nel palazzo in passato occupato anche dalla redazione di Charlie. Entrambi versano in condizioni ritenute “non critiche”.

Nel 2015, la redazione di Charlie Hebdo, fu teatro di un feroce attentato jihadista perpetrato da un commando composto dai due fratelli Kouachi, sedicenti appartenenti ad al Qaeda, e produsse la morte di 11 persone tra giornalisti e poliziotti.

Il processo che si tiene proprio in questi giorni, avrebbe portato alla testimonianza da rendere nell’odierna giornata da parte dei familiari delle vittime.

L’autore dell’attacco, il 18enne pakistano Alì H., regolarmente residente in Francia da tre anni dove era giunto come minore non accompagnato, avrebbe alcuni piccoli precedenti penali relativi a reati di porto d’arma bianca ma, secondo fonti di polizia, non avrebbe mai manifestato segni evidenti di radicalizzazione.

In chiave prospettica possiamo avanzare l’ipotesi che il 18enne abbia agito sotto l’influenza di qualche imam che avrebbe sottolineato l’importanza dell’esecuzione della fatwa  emanata contro Charlie Hebdo, ritenendosi così delegato a compiere il gesto estremo contro gli autori della pubblicazione delle vignette satiriche contro il Profeta.

Ma constatata la dabbenaggine del soggetto che ha colpito presso il vecchio indirizzo della redazione di Carlie Hebdo e, oltretutto, in maniera non certo “metodica”, si potrebbe escludere ogni legame con gruppi della galassia islamista, se non fosse che proprio queste entità si servono dei cosiddetti lupi solitari per portare a segno i loro obiettivi rivendicandone la natura e l’appartenenza.

Il terrorismo islamico non ha certo esaurito la sua carica propellente, anzi. Il continuo ricambio generazionale e l’altrettanto enorme potenziale costituito dai nuovi arrivi in Europa, altro non fanno che rinvigorire e rinfoltire i ranghi degli islamisti.

Appare quindi appena un’ovvietà sottolineare che non si possono escludere ulteriori tentativi di emulazione da parte di altri elementi in fase di radicalizzazione e, oltretutto, con le problematiche legate alla pandemia Covid, sono molti a pensare che, in fondo, le mascherine possono sempre servire.

 

  • Tags
  • attacco
  • Charlie Hebdo
  • Pakistano
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