Ascolto è una delle parole più ricorrenti durante l’intervista con la senatrice Tiziana Drago. Da poco ha lasciato il M5S per entrare nel gruppo ‘Popolo Protagonista’. E come spesso capita, coloro che lasciano il Movimento lo fanno quasi sempre per un senso di delusione verso ciò che è stato e ciò che invece è diventato. Ognuno, con il racconto del proprio vissuto, contribuisce a mettere un tassello per l’analisi di un’idea, un progetto, un Movimento che per alcuni è sulla via del tramonto.
Quello che sarebbe mancato, tra le altre cose, nel caso della senatrice Drago è dunque l’ascolto. Un deficit che ha tradito i valori iniziali dei grillini. Una volta entrati nei palazzi, qualcosa è cambiato. E anche nella gestione della pandemia da coronavirus è mancata la capacità di ascolto, per esempio nel caso della scuola. Molte idee proposte pare non siano state neanche prese in considerazione, in una sorta di frenesia collettiva che al centro ha messo i personalismi invece del bene comune.
Covid, Drago: “Sarebbe stato meglio posticipare l’inizio della scuola”
La senatrice Drago, dal canto suo, spiega a Ofcs. report che avrebbe preferito “posticipare l’inizio dell’anno scolastico e spostarlo ai primi giorni di ottobre o dopo, per dare il tempo di fare un monitoraggio sanitario all’interno della scuola. Perché nell’ipotesi meno rosea in cui un docente, un alunno o qualcuno del personale Ata tornato dalle vacanze fosse rimasto contagiato, si sarebbe dovuto dare il tempo per una ipotetica quarantena, con verifica successiva attraverso sierologico o tampone. A quel punto, certi della situazione, si sarebbe potuto dare inizio all’anno scolastico con un margine di sicurezza maggiore rispetto a quello che è avvenuto. Come tutti abbiamo notato, casualmente il picco di covid è avvenuto proprio dopo l’inizio dell’anno scolastico. Quindi credo che la correlazione sia strettissima”. E la motivazione di questo monitoraggio mancato risiederebbe sempre nell’ascolto. “Credo fondamentalmente – spiega Drago – ci sia una mancanza di capacità d’ascolto, che è fondamentale. Non di sentire. Magari formalmente c’è un’apertura, quando c’è, ma ascoltare è già un processo più complesso, è un processo cognitivo, in cui bisogna elaborare e mettersi in discussione e cercare di entrare in sintesi con l’interlocutore. Probabilmente, con questa frenesia politica, questo è venuto meno. Ritengo che ci siano delle carenze anche di tipo umano, personale. Troppi personalismi. La visione della politica come bene comune viene decisamente meno, ma è da ricondurre a origini lontane. Non c’è più la tendenza ad avere attenzione per l’altro e quindi i nostri confini sono molto ampi e invadono il confine dell’altro senza rendercene conto”. Quindi, la mancanza di capacità di ascolto all’interno del Movimento potrebbe essere stata una delle cause che hanno portato Tiziana Drago verso l’abbandono? “Sì – risponde – sì, ne sono convinta. Ritengo che il Movimento sia un fenomeno da studiare, quasi l’illuminismo del ventunesimo secolo diciamo. Ci sono delle analogie. Il M5S ha avuto il suo terreno di diffusione e comunicazione attraverso i social, la nuova forma di comunicazione che però è virtuale. Per cui non c’è possibilità di confronto. Quindi, capisce bene che con messaggi per le vie brevi, WhatsApp o Telegram per esempio, spesso certi discorsi vengono travisati e non c’è la possibilità di argomentare. Per cui c’è una conduzione di vita frenetica: si deve fare tutto e subito e non c’è quindi la possibilità di dedicare il tempo all’ascolto. Perché la politica, quella con la P maiuscola, era quella praticata in Parlamento, non a caso si chiama così. E invece noi produciamo decretazioni d’urgenza a iosa, che non è solo una caratteristica del Movimento, ma è un fenomeno legato a questo periodo storico. È già da decenni che al governo si procede in questo modo. Però ultimamente devo dire che si è esagerato”.
Drago: “Per certi versi il M5S è sicuramente un fallimento. Ho assistito a furto di idee”
Stando così le cose viene da chiedersi se sia fallita o scomparsa la natura stessa del Movimento e l’idea di democrazia diretta che si basa sulla rete. Su questo aspetto, l’analisi della senatrice Drago è impietosa. “Diciamo che per certi versi è un fallimento sicuramente – riprende – perchè si è perso il contatto con il territorio. Io ho vissuto una dicotomia tra il Movimento all’interno dei palazzi e il Movimento sul territorio. Quando tornavo a casa avevo un rapporto umano, diretto con gli attivisti e diventava edificante. Ma poi nei palazzi ho vissuto quello che ho detto. Ho assistito anche ad un vero e proprio furto di idee: emendamenti che non venivano fatti passare, ma che si trovavano magari variati formalmente nell’esposizione all’interno dei testi dei decreti. Ma se questa può essere una procedura comune, sicuramente all’interno di un Movimento che diffondeva valori, tra cui il rispetto reciproco, lealtà e trasparenza…”.
Drago: “Quello che mi viene più difficile perdonare al Movimento è di aver tolto la speranza“
Quindi, il Movimento in quanto tale è finito? “A questa domanda non so rispondere – dichiara – Credo, comunque, tornando al parallelismo con l’illuminismo, che sicuramente ha segnato un cambiamento nel modo di intendere la politica, per certi versi positivo e per altri negativo. Quello che mi viene più difficile perdonare al Movimento è di aver tolto la speranza. Non so se è voluto o meno, perché molta gente ci ha creduto soprattutto i giovani. Dall’altra parte però, ha dato la possibilità di evidenziare le criticità della politica da dieci anni fa ad oggi. E credo che sia servito anche un po’ per quegli schieramenti che il Movimento stesso criticava. Il Movimento, comunque, ha rappresentato un terzo polo ed è da tenere presente”.
Drago: “La mia idea di scuola non è stata seguita. In Italia manca un progetto”
Tiziana Drago, prima che senatrice eletta nelle fila del M5S, è un’insegnate. Come tutti i suoi colleghi, anche lei ha un’idea di scuola che, indipendentemente dalla condivisione o meno, arriva da chi quel mondo lo vive o lo ha vissuto. “Le mie idee – spiega – le ho in parte espresse al Senato in un disegno di legge delega. Intanto, bisogna rivedere i cicli scolastici. Parto da un presupposto che collego anche all’inverno demografico che stiamo vivendo. Se il picco di fertilità per una donna è 25 anni e guardiamo la durata del ciclo scolastico e l’immissione nel mondo del lavoro, arriviamo a 35/40 anni. E questo è uno dei primi problemi notevoli. Allora, come conciliare questa esigenza con la scuola e le carenze scolastiche a cui assistiamo oggi? Secondo me lo si potrebbe fare rivedendo il ciclo scolastico della scuola dell’obbligo e anche i cicli universitari. Il sistema 3+2 dell’università funziona parzialmente perché ci sono alcuni atenei che ripropongono nei due anni della magistrale le discipline, magari potenziate, già presentate nel triennio. Io vedrei la possibilità di contrarre un anno negli studi universitari, poi chiaramanete bisognerà vedere l’indirizzo di studi, questo è chiaro. Per quanto riguarda la scuola, renderei obbligatorio l’ultimo anno della scuola dell’infanzia. Perchè oggi assistiamo alla tendenza dei genitori a iscrivere i bambini alla prima elementare a 5 anni. Quindi, evidentemente, l’intento è quello di farli uscire un anno prima dalla conclusione degli anni di studio. Si potrebbe pensare all’ultimo anno della scuola dell’infanzia obbligatorio in quanto propedeutico alla perché i bambini a 5 anni vengono quasi costretti a fare l’attività che dovrebbero svolgere in prima elementare, perdendo di fatto delle fasi formative importanti. E quindi poi arrivano in prima elementare demotivati e assistiamo ad una carenza cognitiva. Esiste, dunque, un percorso che ha il suo perché e che adesso pedagogicamente non viene più seguito bene come anni fa. Poi si potrebbero contrarre la primaria e la secondaria di primo grado in 7 anni. E proporre la secondaria in 4. Alla fine, tra la scuola dell’obbligo e il ciclo universitario, i ragazzi riuscirebbero ad uscirne anche a 21/22 anni come accade in altri Stati. Se poi pensiamo alla possibilità di rendere alcuni diplomi di laurea abilitanti, ridurremmo ancora il tempo di attesa dei ragazzi per l’immissione nel mondo del lavoro. Questo, ovviamente, permetterebbe ai giovani di creare una famiglia prima, e non a 35/40 anni. E questo determinerebbe uno sviluppo economico, perché l’incremento demografico determina lo sviluppo economico. Oggi, per come sono impostate le leggi italiane, crescere un figlio fino ai 18 anni di età costa intorno ai 180mila euro. Se invece facciamo un’analisi in positivo, e vediamo che ogni nascita incide sul Pil nazionale per 35 mila euro positive, perché mette in moto tutto l’indotto, tutto ciò determinerebbe uno sviluppo economico. Se pensiamo alla Francia, che è stato un Paese lungimirante perché ha applicato politiche familiari invidiabili, assistiamo alla media di 3 figli a coppia. Per quanto riguarda invece l’ambito contenutistico delle scuole – aggiunge – io inserirei alcune discipline obbligatorie per tutti i cicli: l’educazione finanziaria prima di tutto e l’educazione all’imprenditoria giovanile. Ma il cambiamento fondamentale, oltre ai cicli scolastici, è il sistema di valutazione. Seguirei quello finlandese eliminando il voto fino a 13 anni, perché la scuola prima e secondaria di primo grado devono fornire ai ragazzi gli strumenti necessari per condurre gli studi in maniera autonoma. L’insegnate non è più il dispensatore di sapere come una volta, ma deve avere la funzione di tutor per condurre i ragazzi alla conoscenza, che possono avere da soli con gli strumenti che abbiamo. Però gli insegnanti devono stimolare le facoltà critiche, la capacità di fare una ricerca in maniera strutturata, etc. Lo studio mnemonico a cui siamo ancora legati, caratterizza in modo negativo la scuola italiana”.
Un’evoluzione strutturale ma anche culturale quella proposta dalla senatrice Drago che forse il Movimento 5 Stelle, per la sua vocazione iniziale, avrebbe potuto portare avanti. Ma non è accaduto. Per resistenze interne del sistema o per una incapacità del Movimento stesso? “Credo si sia trattato di chiusure ideologiche – commenta la senatrice di ‘Popolo Protagonista’ – Un’altra evoluzione di tipo strutturale da apportare alla scuola è quella di poter fare sintesi tra le ricchezze che abbiamo, intendo la scuola pubblica statale e quella paritaria. C’è un’ignoranza di fondo quando si parla di scuole paritarie che le vuole sinonimo di quelle private, ma non è così. In generale, alla fine, sia a livello scolastico che politico, sociale o economico, in questo Paese manca un progetto”.