Scontri e proteste. A Melendugno, in provincia di Lecce, contrada San Basilio, dove ha preso il via la costruzione della Tap, il gasdotto che dovrebbe permettere la fornitura di gas azero in Europa, e che passerebbe attraverso Grecia e Albania prima di approdare sulla costa italiana, all’altezza della località turistica salentina di San Foca, martedì sono scoppiati i disordini tra manifestanti No Tap e forze dell’ordine. Cantiere aperto in un clima di altissima tensione con i comitati No Tap e semplici cittadini, venuti a manifestare il proprio dissenso di fronte ai cancelli con l’obiettivo di idealmente impedire l’accesso dei camion che avrebbero dovuto trasportare via gli alberi eradicati. Obiettivo presto abbandonato: la massiccia presenza di forze dell’ordine forza prestissimo il blocco, e con metodi sbrigativi divide i manifestanti in due gruppi, isolandone uno ed allontanando l’altro per permettere ai camion di entrare nel cantiere e portare via le piante.
“Perché chi costruisce questo mostro ecologico non ci mette la faccia? Perché non si prende le sue responsabilità?” urla Luca, un giovane della provincia, in direzione degli agenti che lo bloccano insieme agli altri manifestanti al bordo della strada sterrata che porta ai cancelli del cantiere. “È un evento che così tante persone si siano mosse e siano venute a manifestare – spiega – considerando la mentalità del Sud, dove sei educato a badare solo a te stesso e ‘farti i fatti tuoi’ sin da bambino”.
Tra le grandi nuvole di polvere, sollevate dai camion che passano ogni 15-20 minuti, sono tante le urla: “Ma non la sentite anche voi, questa puzza di soldi, questa puzza di mafia?” grida Giovanni, un agricoltore sessantenne della zona. Gli argomenti dei manifestanti sono dei più vari: c’è chi si scaglia contro il fattore antiecologico dell’opera, chi contro gli espropri di terra e di ulivi ai proprietari, e chi vaticina conseguenze catastrofiche sul turismo della regione. I toni usati sono generalisti, gentisti e a tratti minacciosi: “Il popolo verrà a prendervi a casa”, minacciano alcuni presenti da dietro le sbarre del cantiere, in direzione degli operai. Ma i manifestanti nutrono rancori anche nei confronti dei giornalisti presenti: “Devi dire tutto quello che è successo! Altrimenti la prossima volta vi rompiamo la testa! A tutti!”, minacciano in dialetto alcuni contadini inferociti contro dei colleghi della locale Telenorba.
Presenti nella folla anche diversi sindaci del circondario di Melendugno, e la senatrice del Movimento 5 Stelle Barbara Lezzi. Ed è in questo momento che accade il peggio: mentre il gruppo di manifestanti rimasto isolato dalla prima carica nel mattino spinge per liberarsi e ricongiungersi al grosso del presidio, una seconda violenta carica viene lanciata contro i manifestanti, i quali reagiscono generando uno scontro che dura alcuni interminabili minuti, coinvolgendo anche alcuni dei sindaci presenti. Otto feriti tra forze dell’ordine e manifestanti, che non hanno fatto che esasperare gli animi, spingendo le frange più “interventiste” della folla ad azioni più decise e violente, subito sedate dagli agricoltori presenti: “Non fate scontri inutili, fate assemblee!” urla distintamente uno di essi, levando di mano un fumogeno ad un giovane indossante una felpa del gruppo Ultras Lecce, gruppo già noto per essere stato in passato autore di atti violenti ed intimidatori dentro e fuori lo stadio comunale del capoluogo salentino. Alcuni discutono animatamente circa l’inutilità dell’azione pacifica, scontrandosi verbalmente con chi lì protesta veramente per terra ed alberi. Vengono anche lanciati alcuni sassi contro i camion che trasportano gli alberi, che fanno la spola per caricare le piante eradicate. Ma, a parte qualche sporadico attimo di tensione, tutto in qualche modo procede nella tranquillità fino a sera. Una tranquillità a tratti perfino ironica, quando un manifestante raccoglie e restituisce ad un carabiniere lo scudo d’ordinanza cadutogli a terra.
“I fatti di Melendugno descrivono una incapacità del governo di ascoltare le popolazioni e di trovare soluzioni che tengano insieme la libertà, l’autodeterminazione dei cittadini dei territori con le scelte strategiche” dice Michele Emiliano, governatore della Regione Puglia. Governatore che, nel pomeriggio, aveva dichiarato: “Il Governo della Repubblica sta utilizzando le Forze dell’ordine per risolvere una questione politica che non ha mai voluto affrontare ascoltando le popolazioni residenti ed in particolare l’indicazione della Regione Puglia e dei Comuni, che avevano chiesto di localizzare l’approdo del gasdotto più a nord, nell’area del comune di Squinzano, che ha dato il suo consenso, evitando di impegnare una delle più belle spiagge dell’Adriatico pugliese”. Laconico, a fine giornata, il commento del sindaco di Melendugno, Marco Potì: “Spero che prevalga il buonsenso. Né il governo né la società Tap hanno mai risposto o sono stati a sentire quello che avevamo da dire, ma spero veramente che prevalga l’intelligenza di tutti”. Buonsenso che si spera arrivi da entrambe le parti: se da un lato si ha notizia di manifestanti in arrivo Roma e dal Nord Italia, dall’altro la protesta No Tap si preannuncia una lunga lotta. Che, se gestita male da parte delle istituzioni, potrebbe rendere il Salento una nuova Val di Susa.