Tra aste online e truffe sempre in agguato, nel vorticoso sistema del mercato mondiale delle opere d’arte appare necessario dotarsi di competenze significative per non incappare in falsi d’autore, mercati illegali e investimenti finanziari a rischio crack.
In un recente sondaggio, rivelato nel rapporto 2016 di Art & Finance pubblicato da Deloitte Lussemburgo e da Arttactic emergono dati sorprendenti sul profilo dell’investitore e collezionista d’arte del terzo millennio. Il 78% degli intervistati dichiara che i servizi legati al mondo dell’arte dovrebbero essere inclusi nella propria gestione patrimoniale, mentre il 72% dei collezionisti compra opere d’arte per passione, ma senza dimenticare l’investimento; il 6% lo fa solo con l’obiettivo di investire. Le analisi effettuate fanno emergere che nei prossimi 12 mesi i gestori di patrimoni continueranno a investire in servizi legati all’arte, ma a un ritmo più lento rispetto al passato. E cosi il classico rischio di investimento cede il passo alla cautela. Il 76% degli intervistati è a favore di un’auto-regolamentazione del mercato dell’arte. Il 62 % dei gestori patrimoniali afferma che la mancata regolamentazione del mercato dell’arte è attualmente il più grande ostacolo verso l’integrazione tra il mercato dell’arte e la loro offerta.
La direzione del mercato dell’arte per il 2016 è difficile da prevedere, anche se le prospettive per sei mercati su otto sono neutrali-positive. Per la prima volta dal 2011, (anno di lancio del report) i professionisti della gestione patrimoniale e i possessori di tale patrimonio la pensano allo stesso modo: rispettivamente il 70% e il 77% riconosce, infatti, che a livello globale la gestione patrimoniale delle opere d’arte dovrebbe includere i servizi offerti dall’Art&Finance. Il 73% degli intervistati (contro il 58% del 2014) afferma che i propri clienti vogliono includere opere d’arte e altri beni collezionabili nei propri patrimoni al fine di rinforzare il proprio status. “La componente finanziaria del collezionismo è un driver primario per lo sviluppo dei servizi di gestione patrimoniale dell’arte. La chiave del processo non è la ricerca dell’investimento o del rendimento, quanto piuttosto la preservazione del capitale allocato per l’arte e i beni da collezione”, afferma Adriano Picinati di Torcello, Art & Finance Practice Director per Deloitte in Lussemburgo.
Quando si tratta di questioni che costituiscono una minaccia concreta per la reputazione e il funzionamento corretto del mercato dell’arte, tra i diversi soggetti interessati (collezionisti, professionisti dell’arte, avvocati e gestori patrimoniali) vi è un consenso su una serie di temi comuni, ad esempio: la manipolazione dei prezzi, i conflitti di interesse, la mancanza di trasparenza e le commissioni segrete (tre professionisti su quattro condividono i propri punti di vista). Permane quindi una forte consapevolezza su quali siano i problemi; meno evidente è come affrontarli in modo coerente e coordinato.
Ma l’aumento a livello globale della ricchezza e una prospettiva neutrale-positiva sul mercato dell’arte indicano un crescente bisogno di servizi di wealth management dedicati al settore dell’arte. Secondo il rapporto Deloitte, con l’aumento degli High Net Worth Individual (HNWI – i possessori di alti patrimoni netti), nei prossimi 10 anni si stima un aumento dell’allocazione del patrimonio in beni d’arte e collezionabili e di una richiesta di servizi legati a questo particolare asset. Anche se il mercato globale dell’arte contemporanea ha subito una contrazione nel 2015, la direzione del mercato dell’arte per il 2016 è difficile da prevedere, in quanto sarà influenzato da un numero crescente di fattori macroeconomici che potrebbero impattare. Le prospettive per sei mercati su otto sono neutrali-positive, il che suggerisce una solida crescita nel corso dei prossimi mesi. Il mercato cinese e quello russo sono gli unici con outlook negativo per il 2016.