Siamo arrivati al punto che per avere la privacy sui profili social tocca pagare. Questo è ciò che ha fatto capire Mark Zuckerberg, CEO di Facebook. Il ricchissimo americano ha infatti, alla luce dell’ultimo scandalo di Cambridge Analytica, proposto di fare versione a pagamento e quella gratis. Quali sono le differenze? La privacy. Se la vuoi la paghi, sennò fai la fine degli 87 milioni di utenti che in tutto il mondo, in questi mesi, sono stati vittime di hackeraggi utilizzati per studi x, senza aver mai dato l’autorizzazione.
La dichiarazione di Mark Zuckerberg
“Internet sta diventando sempre più importante nella vita delle persone in tutto il mondo, credo sia inevitabile la necessità di alcune regole, ma bisogna fare attenzione”, ha dichiarato Zuckemberg davanti alla Commissione Energia e Commercio americana, ammettendo che anche i suoi dati sono stati violati. “Tali regole potrebbero essere facilmente rispettate da una grande azienda come la nostra, ma potrebbero mettere in difficoltà le piccole start up”, ha continuato.
Verrebbe da chiedersi se serva pagare per aver diritto alla privacy, ma anche se sia così necessario mettersi alla mercè di un profilo social che si voglia o meno dà possibilità, anche a sconosciuti con buone conoscenze informatiche, di conoscere i dati sensibili di chiunque. Basterebbe far caso a quando si effettuano ricerche su Google, in automatico su Facebook si trovano pubblicità inerenti ciò che si è cercato poco prima. Ma non solo, sembrerebbe infatti che le violazioni abbiano trovato le porte aperte di molti utenti che hanno scaricato diverse App che, in qualche modo, hanno fatto da spartiacque.
La difesa di Cambridge Analytica
Dal lato Cambridge Analytica è arrivata la risposta e la difesa:“Non abbiamo hackerato Facebook né infranto le leggi. Non abbiamo influenzato il referendum sulla Brexit, raccogliamo dati solo con il consenso informato, stiamo conducendo un’indagine indipendente per dimostrare che non possediamo alcun dato, di cui condivideremo i risultati”. Successivamente l’azienda ha sottolineato di aver ricevuto le informazioni, su licenza, dalla società di ricerca General Science Research che le ha ottenute legalmente tramite uno strumento fornito da Facebook. Così come anche altre aziende di dati. Inoltre, ha messo il punto sulla questione Donald Trump in quanto la compagnia ha usato dati pubblici e ha fornito sondaggi, analisi e marketing digitale, metodi utilizzati per altre campagne elettorali come quelle di Obama e della Clinton.
Il business dei social network
Le scuse del Ceo Facebook, mandate in onda sulle maggiori reti internazionali, non sono bastate.
Molti utenti si sono ribellati e hanno eliminato l’account per protesta. Sono in circolazione diversi gruppi di haters che invitano a boicottare Facebook e Instagram.
Tuttavia è difficile, se non impossibile, pensare a un mondo contemporeneo in assenza dei social network e non perchè diventerebbe complicato rimanere in contatto con amici e parenti. No. Il vero motivo è che ad oggi Facebook, Instagram, Twitter e Linkedin sono mezzi di commercio a tutti gli effetti. Sono tante se non tutte, le aziende che si appoggiano alle piattaforme di networking per assumere e controllare i competitor. Pubblicità, sponsor e soldi, tanti soldi che girano intorno ai like, commenti e condivisioni.
Un mondo virtuale che, frasi pressapochiste a parte, sta diventando più reale che mai. Un esempio delle dinamiche social non può che essere Chiara Ferragni. La 30enne cremonese ha inizato a ‘postare’ alcuni suoi outfit in un blog nel 2009 e nel giro di quasi 10 anni è considerata la più ricca e conosciuta influencer del mondo, contando oltre 10 milioni di ‘followers’ su Instagram.
Non è quindi peregrino dire che con i social network sono nate nuove professioni lavorative, master universitari, corsi di formazione e d’aggiornamento.
Prima o poi, però, a quanto pare il prezzo del “condividere” a tutti i costi la vita sui social ha il suo prezzo.