Due parole sul tema della prescrizione, viste le inesattezze che quotidianamente si sentono raccontare, spesso da chi neppure ha la minima cognizione di cosa si parli e che è addirittura divenuta oggetto del programma di alcuni partiti, come i 5 Stelle, sembrano opportune.
Il primo dato su cui portare l’attenzione è che, contrariamente a quanto si sente dire, guarda caso, in gran parte da molti magistrati, la prescrizione non è la causa, bensì la conseguenza della lunghezza del processo penale.
Questo è un dato non da poco e sarà sufficiente un semplicissimo paragone con la malattia e i suoi sintomi per rendersene conto.
Se il medico, di fronte a una malattia, concentra la sua attenzione sui sintomi, senza andare a cercare, e poi contrastare con le cure, le cause che li hanno provocati, solo fortunosamente, spesso solo grazie alle autodifese naturali dell’organismo, il male potrà essere guarito.
La considerazione potrà anche apparire banale, ma per il processo penale, e anche per quello civile, anche se in quest’ultimo il discorso è leggermente diverso, accade la stessa identica cosa.
Se non si individuano le reali cause dell’impossibilità di definire un processo con una sentenza, sia essa di condanna, che di assoluzione (e su queste ultime sarà poi il caso di soffermarsi un attimo, per vedere chi è che veramente soffre le conseguenze di una pronuncia assolutoria di questo tipo), in tempi “ragionevoli”, come pure la giustizia comunitaria impone, e la conclusione sarà di un proscioglimento per prescrizione, non potrà certamente affermarsi essersi risolto il male, ma solo che si è scelta una soluzione ibrida che, eccettuati i casi di imputato colpevole, gratificherà solo costoro, danneggiando però tutti gli altri.
Attenzione però, perché i casi di imputati colpevoli che si, diciamo “salvano” per il maturare della prescrizione, sono molti di meno di quelli che potrebbe comunemente pensarsi, e questo tipo di definizione, oltre a lasciare insoddisfatto l’interesse punitivo dell’Ordinamento che, essendo qualcosa di immateriale, non prova però sentimenti, lascerà sicuramente sofferente l’innocente che, invece di rischiare una condanna, ancorché ingiusta, sarà indotto ad accettare quella soluzione, che almeno lo pone al riparo da ulteriori danni, oltre a quelli già patiti.
È ovvio che, se si eliminerà la prescrizione, come molti ambirebbero, e come di fatto si otterrebbe ugualmente promulgando quei provvedimenti, quelli sì veramente liberticidi, che alcuni hanno messo in cantiere, il risultato sarà che nessuno potrà più sfuggirà alla “giusta” sanzione, ma può davvero essere questo il modo per risolvere un problema così delicato, e con quale coraggio si può definire una tale conclusione, dopo anni e anni, “giusta”?
È giusta una sanzione o del pari un’assoluzione, sia per prescrizione che per ragioni di merito, che dopo aver sottoposto un soggetto a un infinito calvario giudiziario arrivi dopo anni?
Non sembra proprio
Il male, che lo si voglia o non lo si voglia riconoscere, è uguale e cioè l’inammissibile eccessiva durata dei processi, non il maturare della prescrizione che, sempre riprendendo il paragone sanitario, può esser assimilata al farmaco che interrompe un percorso perverso e lo ferma.
I processi, durano un’enormità di tempo, non in conseguenza di tattiche difensive o di qualche oscura recondita ragione, addebitabile al colpevole di turno, come chiunque abbia la ventura di trovarvisi coinvolto, sperimenta sulla propria pelle (soprattutto quando innocente), ma per la assai più semplice ragione che, tra un’udienza e l’altra, a parte diverse, e non da poco, concomitanti altre ragioni di cui parleremo un’altra volta perché troppo si amplierebbe il discorso, i rinvii sono di mesi, spesso a causa di quella motivazione ormai divenuta una sorta di panacea … “eccessivo carico del ruolo”, come sempre di più sentiamo motivare i rinvii.
È, non dico accaduto ma solo pensabile, che a un avvocato oberato da innumerevoli impegni possa esser concesso un rinvio del processo per tali ragioni?
Riflettiamo un attimo su questo problema e convinciamoci di un fatto, da troppi negato (e sarebbe interessante andarne a scoprire le vere ragioni), l’unico, concreto e reale risultato che si può conseguire allungando i tempi della prescrizione, è che si verrà, ineludibilmente, ad allungare sine die anche il processo.
L’osservazione è di una tale banalità che lascia veramente sconcertati notare come nessuno di coloro che ne parlano, soprattutto tra quelli diciamo del mestiere, ne faccia almeno cenno.
Eppure è semplicemente logica
Si sente dire, da taluno dei fautori del prolungamento dei termini, per alcuni auspicato addirittura in modo da renderla praticamente inapplicabile, che in molti Paesi questo istituto non sia neppure previsto. È vero, ma vogliamo andare a vedere per quale ragione?
È semplicissimo, perché in quegli ordinamenti, la durata dei processi è talmente breve, che la previsione di una prescrizione non avrebbe alcun senso né logico né tantomeno giuridico, e che, a bilanciamento della mancanza della garanzia di non rimanere sottoposti a processo per un tempo irragionevole, astrattamente sempre possibile, c’è però, potremmo dire come contrappeso, l’estinzione dell’azione esercitata dall’accusa, se il rinvio a giudizio non avviene in tempi brevi e ragionevoli!
Vi pare poco?
Lasciando da parte le valutazioni che ne danno i politici, molti del tutto digiuni dei basilari principi del diritto, e che però, perseguendo fantasiose o più probabilmente finalizzate teorie del tutto distaccate dalla realtà, ne stanno via via scardinando le fondamenta, sprofondandoci in un aberrante medio evo giuridico, quel che più colpisce, e amareggia, è che tra i più accesi nemici di questo istituto di vera civiltà, si rinvengono proprio coloro che, ovviamente non da soli, possono essere individuati, senza alcun intento offensivo, ma di semplice osservazione, come concause, ma tra le più rilevanti, dell’attuale abnorme situazione, e cioè i magistrati.
Il personale e i mezzi sono numericamente insufficienti, senza dubbio, ma è davvero solo questa la causa di durate processuali oggettivamente ingiustificabili e mai viste negli altri Paesi civili?
Che la prescrizione sia l’effetto, e non la causa del male, lo dimostrano poi, oltre alla logica e il raffronto con altri sistemi, la stessa genesi dell’istituto.
Avete mai sentito dire da qualcuno quando, e soprattutto perché, è stato introdotto l’istituto della prescrizione?
Il risultato di questa ricerca è veramente interessante. E sì, perché si può scoprire che fu creata dai romani (già prima dell’avvento di Cristo), per una ragione semplicissima: per porre un argine al malvezzo degli inquirenti che, invece di juris dicere (come era allora, come anche oggi, loro dovere), se la prendevano così comoda da dilatare in modo abnorme la durata dei processi.
Siamo veramente, e purtroppo, un popolo dalla memoria assai labile, non ricordiamo quel che è accaduto solo pochi anni addietro, neppure rendendoci conto delle vere e proprie inversioni ad U su principi, concetti, obbiettivi perseguiti dai vari politici e politicanti che, a ritmo ormai incessante, dicono e si smentiscono nel volgere di mesi, neppure più di anni, che figuriamoci se siamo in grado di conservar memoria di quel che accadeva tanti anni prima di noi.
Ai tempi di Cicerone, e quindi non ieri o l’altro ieri, la prescrizione come istituto esisteva e l’ordinamento era assai attento nei confronti dei suoi giudici.
Ne seppe qualcosa Verre, propretore delle province di Sicilia dal 73 al 70 a.C. che fu definito, proprio da Cicerone, un “pirata della Giustizia”.
Verre era accusato non di lungaggini, ma di aver emesso centinaia di sentenze inique, la cui condanna proprio Cicerone chiese (e qui sta il punto nodale e cioè l’attenzione al buon andamento della Giustizia), la reazione proprio a difesa del sistema giudiziario, e non del singolo, affinché la punizione del giudice … potesse ristabilire la fiducia del popolo nell’amministrazione della giustizia.
Anche a quei tempi la situazione dei processi era critica, tanto da indurre però all’introduzione, esattamente nel codice Teodosiano, di vere e proprie minacce di sanzioni contro quanti avessero emanato sentenze ingiuste.
Oltre a diverse norme disciplinari nei confronti di chi agiva con dolo o imprudenza, un editto del prefetto del pretorio del 428 d.C. raccomandava ai giudici di applicare rigorosamente la legge, a meno che non volessero subir loro la pena prevista per il reato che dovevano giudicare. La ragione risiede in un principio fondamentale di ogni ordinamento, la tutela di sé stesso da condizionamenti, inquinamenti e/o comportamenti comunque e in qualsiasi modo ingiusti, e quindi non in difesa dell’accusato, sia esso colpevole o innocente, ma di sé stesso.
È questa quindi, e certo non la difesa dei colpevoli, la vera ragione per cui nacque l’istituto della prescrizione.
E allora, quando sentiamo dire che la salvezza dalla corruzione, dall’evasione fiscale e da tanti altri mali, sta nella sostanziale abrogazione di quel principio di garanzia di vera giustizia costituito da questo istituto di salvaguardia dell’Ordinamento, riflettiamoci bene, anche perché, forse non ci si pensa, ma può capitare a chiunque di finire prigioniero, per un tempo imprevedibile, e senza garanzie di sorta, in questo oscuro percorso.