L’offensiva di Teheran scatenata dopo l’eliminazione di Qassem Suleimani sembra essere solo all’inizio. I potenti servizi segreti iraniani, il Vevak, sono sotto la pressione dei vertici degli Ayatollah per la reazione all’aggressione americana, palesatasi con l’eliminazione del generale dei Pasdaran, che è stata da questi giudicata troppo debole. I tentacoli dei servizi iraniani si sono prolungati in Paesi non certo insospettabili. L’Afghanistan, l’Iraq, la Siria, ma anche l’Italia, la Germania e, soprattutto, la Striscia di Gaza, ritenuti, comunque sotto il monitoraggio attento dei servizi d’informazione occidentali e israeliani.
Inoltre, un ruolo fondamentale, il Vevak, l’avrebbe ricoperto anche nell’abbattimento dell’aereo statunitense siglato AF 358, in Afghanistan, secondo il portavoce dei talebani Zabiullah Mujahid, avvenuto nella zona di Ghazni e rivendicato dalle milizie islamiste afghane coordinate, secondo alcune fonti, proprio dai servizi iraniani, sciiti, quindi storici avversari degli studenti delle Madarasat afghane, in una “strana” alleanza per lo più legata alla comunione d’intenti anti-occidentale. A bordo dell’aereo, secondo quanto riferito da fonti aperte, si sarebbe trovato Michael d’Andrea, funzionario della Cia e presunto ideatore del piano per l’eliminazione di Soleimani.
Il ruolo tedesco ed europeo nel gioco di Teheran
Ma c’è di più. I tentacoli iraniani si sono sviluppati anche nell’ideazione e nel sostegno di una rete di comunicazione web basata sul server tedesco Hetzner con il quale, variando le locations degli interlocutori, è possibile accedere alle comunicazioni di numerosi membri di Hamas e della Jihad islamica, ivi compresi gruppi minori quali Kataeb al Ansar, e il meno noto Palestinian Freedom movem (ent – NDR). tutti operanti per lo più nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, ma ampiamente foraggiati da Teheran.
E l’Italia? Ovviamente anche il nostro Paese è inflazionato dalle mire espansionistiche islamiche, soprattutto islamiste, attraverso le quali i vari Mukhabarat arabi (i servizi d’intelligence), riescono a intessere le trame di una rete che parte dai semplici commercianti di tappeti persiani, ad esponenti delle élite economiche iraniane. E gli intermediari? Tra loro spiccano presenze ben note alle agenzie di sicurezza italiane, dai giornalisti ai convertiti italiani allo sciismo, coinvolti nella rete di spionaggio in modo più o meno spontaneo, ma non certo scevro da laute ricompense. Casualmente, i vertici del Vevak iraniano a Roma, legazioni consolari a parte, si concentrano nella zona di Roma nord, una zona elitaria che rende assolutamente impossibile l’infiltrazione da parte di terzi che non abbiano la richiesta disponibilità economica. E gli appuntamenti tra i delegati di Teheran e i rappresentanti delle grandi aziende italiane, impegnate nell’export di tecnologie avanzate, avvengono alla luce del sole in hotel di lusso del centro città, ma anche nei ristoranti etnici mediorientali nella zona chic dei Parioli.
È noto, infatti, che alcuni grandi gruppi industriali italiani continuano a portare avanti enormi programmi di ammodernamento delle aziende iraniane sottovalutando, per mera questione economica, il limite stabilito conto il regime iraniano in quanto a forniture di tecnologie avanzate e, soprattutto, di quelle connesse alla crescita della potenza nucleare di Teheran.
Di questo passo è palese che l’Italia ricoprirà sempre più un ruolo minore in ambito internazionale, a palese discapito di Paesi dichiaratamente alleati quali Israele e gli Stati Uniti che, volenti o nolenti, rappresentano una nostra appendice ad est ed a ovest, e una barriera contro l’espansionismo islamista in Medio Oriente.